«È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo». Era il 16 ottobre del 2006 e a fare da scenario c’erano le gradinate dell’Arena di Verona che ospitava il IV Convegno della Chiesa italiana «Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo». Al cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano e presidente del comitato preparatorio del Convegno era stata affidata la prolusione di apertura. Erano gli anni in cui andava per la maggiore in diversi ambienti l’idea che fosse una buona strategia per la Chiesa italiana utilizzare come un omnibus i Governi di centrodestra disposti a non legiferare contro i «valori non negoziabili». Ed era l’epoca dei maggiori fasti per i cosiddetti “atei devoti”, politici, intellettuali e giornalisti non credenti che vedevano nella Chiesa uno strumento di conservazione e difesa dell’«identità occidentale».

Quelle parole del cardinale Tettamanzi proprio a chiusura del suo discorso, «è meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo», apparvero come un fulmine a ciel sereno o perlomeno una sorpresa, tanto che tutti i giornali all’indomani titolarono a partire da quella frase. Il cristianesimo non è una “cultura” ma una scelta di vita, proclamava il cardinale. «Parlare non solo “di” speranza, ma anche e innanzitutto “con” speranza» era l’auspicio dichiarato da Tettamanzi in apertura del discorso, con un esplicito riferimento allo «stile» del concilio Vaticano II. Ma egli parlò anche con franchezza, guardando all’appartenenza cristiana come lievito e sale e non come difesa identitaria.

«Solo con il nostro vissuto quotidiano possiamo confessare la nostra fede in Cristo e rendergli testimonianza», disse nel discorso di Verona. La prima, necessaria, irrinunciabile, possibile e doverosa testimonianza al Vangelo è la vita di ogni giorno, una vita nella quale “seguiamo Cristo”, ci “rivestiamo” di lui, siamo mossi dalla sua carità, ascoltiamo la sua Parola, obbediamo alla sua legge, entriamo in comunione di vita con lui, diventiamo suoi “amici”, ci lasciamo animare e guidare dal suo Spirito. In una parola, viviamo nella grazia di Dio e camminiamo verso la santità». In un certo senso un’anticipazione di temi cari a papa Francesco, accanto al quale, non a caso, l’oramai arcivescovo emerito di Milano compare nelle foto con un largo sorriso tra i cardinali che circondavano più da vicino il nuovo pontefice durante la prima benedizione dalla loggia vaticana dopo la fumata bianca del 13 marzo 2013.


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