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«Io non ho indicazioni personali da darvi. Vorrei solo ricordarvi le parole di Gesù: "siate prudenti come il serpente e liberi come la colomba". Voi avete preso l’iniziativa. Vi siete chiesti chi sono gli affamati, le vittime dell’ingiustizia e della violenza e avete proposto un impegno politico. Se in coscienza sentite che quell’impegno è giusto non fatevi frenare dall’eccessiva prudenza. Gesù ci invita a non essere avventati, ma anche ad essere liberi. Se pensate che sia giusto andare avanti, andate avanti. Siate puri e liberi come la colomba!». Era il luglio 2001, la mattina dopo la conclusione del G8. Genova si era svegliata, e con lei l’Italia, dopo due giorni surreali, in cui la politica internazionale e l’impegno civile erano stati sfigurati dalla violenza che aveva lasciato sul selciato la vita di un giovane, Carlo Giuliani, e pezzi di Costituzione.
Alcuni rappresentanti del laicato cattolico, che avevano dato vita a Sentinelle del mattino, un percorso di impegno dedicato proprio al dialogo esigente con i leader del G8, erano andati in Curia a salutare il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo della città, che quel percorso aveva accompagnato con discrezione nei mesi precedenti, seguendoci con la competenza del teologo e senza timore di affrontare i terreni aperti, e per certi aspetti rischiosi, dell’economia, della sociologia e della politica. Quel giorno noi gli raccontammo i fatti, l’impegno, il dolore e il disorientamento. Ed egli, con delicatezza, ci invitò al coraggio della libertà. Ora che ci ha lasciato, quella delicatezza e l’attenzione ai temi sociali sono due dei tratti che più ci rimangono della sua figura, insieme alla apertura che ci dimostrò, quella di un pastore che, in stretta coerenza col mandato conciliare, stimola i laici ad assumere responsabilità leggendo i segni dei tempi e impegnandosi nella politica.Svolse un ruolo importante nella Chiesa italiana. Vescovo ad Ancona e segretario generale della Cei, componeva le distanze tra progressisti e conservatori. Quando sostituì Martini a Milano, alcuni vollero vedere in lui il normalizzatore. Ma egli guidò la diocesi con misura e lasciò un segno significativo creando il Fondo Famiglia-Lavoro, per offrire opportunità a chi veniva espulso dal mercato del lavoro a causa della crisi finanziaria del 2008, una iniziativa non scontata da parte di un vescovo e certo non di rottura con la tradizione martiniana. Fra le tante immagini oggi mi piace ricordarne una non ufficiale. A Kafue, in Zambia, in una visita ai missionari Fidei Donum ambrosiani, un bimbo gli mise sul capo l’ornamento riservato ai capi locali, ma gli rimase tutto storto. Si guardarono e scoppiarono a ridere. Quel riso mi ricorda la purezza cui ci aveva richiamato anni prima. La purezza che rende liberi e capaci di agire.



