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Andrea Bajani continua la vivisezione della sua esperienza autobiografica attraverso la lente della letteratura, raccontando in L’anniversario (Feltrinelli), romanzo vincitore del Premio Strega 2025, il congedo, l’addio di un figlio ai genitori. Una materia dolorosa e delicata, che necessita dell’ausilio dell’invenzione narrativa sia per riempire gli inevitabili vuoti della memoria, sia per mantenere una distanza di sicurezza. Protagonista della prima parte del romanzo è la madre, una donna che ha rinunciato a sé, alla sua vita, alle sue passioni per stare nell’ombra di un marito dispotico. I pochi gesti di “ribellione” o di ricerca d’autonomia si risolvono presto in niente, perché tutto accetta e tutto sopporta, anche ciò che non dovrebbe, tanto che in questa sconvolgente apatia ogni realtà viene messa sullo stesso piano – quello dell’irrilevanza – persino la vita e la morte. Lo sguardo dello scrittore si sposta poi gradualmente e necessariamente verso il padre, uomo tiranno, violento nel ricatto psicologico prima ancora che in senso fisico. Un marito-padre che tiene sotto scacco l’intera famiglia – c’è anche la sorella dell’io narrante – e rende la casa in cui abitano un inferno, un incubo quotidiano, da cui nessuno però riesce a sottrarsi, a causa della manipolazione a cui sono sottoposti. Descritti la madre e il padre, il protagonista si prende direttamente la parola per raccontare di sé, di come sia stato prima totalmente irretito in questa prigione e di come se ne sia poi lentamente liberato, a un prezzo altissimo, ricorrendo alla psicoterapia e frapponendo chilometri fra sé e i genitori. L’anniversario a cui allude il titolo è il decennale della liberazione da loro, avvenuta quando il figlio aveva 41 anni, celebrata oggi attraverso la scrittura. E la scrittura è una delle qualità migliori del libro: esatta, distaccata, limpida, probabilmente come risultato di un esercizio di misura e controllo dell’autore rispetto a una storia così dura e drammatica. Vivere sotto il giogo di un uomo del genere e poi dover prendere congedo dai propri genitori, per finalmente trovare sé stessi e la serenità, è quanto di più doloroso possa toccare a un essere umano.



