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È nato un altro Jean-Michel Basquiat; qualcuno lo ha definito la nuova Nina Simone in un corpo da uomo. Si chiama Banjamine Clementine e la sua storia potrebbe essere più verosimile a una sceneggiatura che a una vita vera. Benjamine è nato 26 anni fa a Londra, i suoi genitori provengono dal Ghana e sono scappati dal paese d'origine e si sono rifugiati nella periferia di Londra. A 18 anni si rende conto di non legare troppo con i genitori, vorrebbe fare il musicista, per loro deve trovarsi un lavoro e portare i soldi a casa. Scappa a Londra, finisce nelle strade a fare l'elemosina e per anni va avanti così. Un giorno qualcuno lo nota, ha la fortuna di finire in una puntata del “Later... With Jools Holland”, lo show musicale più famoso della Bbc, dove sul palco quella sera si davano il cambio artisti come gli Arctic Monkeys, gli Earth, Wind & Fire e Paul McCartney. Nel giro di due anni sforna due EP e si prepara a debuttare con l’album “At Least for Now”, uscito il 27 gennaio per Universal Music.
La tua musica non è sicuramente paragonabile al pop che ascoltiamo oggi? Che tipo di influenze hai?
Ti sembrerà strano ma la musica che più mi ha ispirato è stata l'Opera, quella francese e quella italiana.
In una passata intervista tu parlavi di Lucio Dalla. Che ne pensi della musica italiana?
Ha una forza melodica che nemmeno la musica francese riesce ad avere. Le liriche italiane sono insuperabili e Dalla era uno dei migliori, per il suo modo di cantare e modulare la voce.
Le tue canzoni sembrano poemi, poesie, anche per il modo in cui le declami. Ma cosa nasce prima nel tuo lavoro la musica o le liriche?
Il più delle volte è la musica a nascere prima: mi siedo al pianoforte o prendo in mano la chitarra e mi lascio trascinare dall'ispirazione. Soltanto dopo scrivo le liriche. A volte, ascoltando la mia musica, si può pensare che le due cose nascano separate, come se le parole fossero poesie già composte sulle quali poi suono una musica, ma in realtà tutto nasce insieme e anzi, il più delle volte come ti ho detto succede il contrario, nasce prima la musica e poi le parole.
C'è nella tua musica una minima influenza del tuo paese d'origine, il Ghana?
No, purtroppo no. I miei genitori erano ghanesi, ma rompendo i contatti con loro ho rotto qualsiasi contatto anche con l'Africa. Credo di non avere in realtà origini, radici.
Hai vissuto sulla strada per un lungo periodo, hai suonato nelle metropolitane, hai mai pensato allora che potessi raggiungere il successo?
No, assolutamente. Quello che sono oggi non avrei mai, mai potuto immaginare allora. In quel periodo il futuro non era nemmeno pensabile per me, vivevo alla giornata. Non ho mai pensato al successo.
Credi sia stata una questione di fortuna?
No, non lo sono mai stato e non lo sono ora. Ho lavorato duramente e poi qualcosa è successo, ma non si tratta di un film hollywoodiano. Suonare e lavorare duramente sono stati i veri ingredienti, non voglio parlare di fortuna.
Cosa ti aspetti dal tuo primo album?
Mi aspetto che le persone lo capiscano e che lo apprezzino. È molto importante per me il parere delle persone perché sono state loro a spingermi, a trascinarmi via dalla strada apprezzando il mio lavoro. È a loro che penso quando suono: devo tutto alle persone e non voglio tradire la loro fiducia.



