Spagna nel 1992, Usa nel 1996, Australia nel 2000, Grecia nel 2004. Poi Cina (2008) e Brasile (2016), con l’intermezzo eccezionale della Gran Bretagna che, con gli ultimi Giochi, è diventata la prima città a organizzare tre Olimpiadi (1908, 1948 e appunto 2012). La scansione delle sedi olimpiche (anche invernali: Russia nel 2014 e Corea del Sud nel 2018) dà la misura di quanto stia cambiando il mondo. E il Brasile (Olimpiadi nel 2016, Mondiali di calcio nel 2014 e Giornata mondiale della Gioventù nel 2013) si candida a diventare per i prossimi anni il centro di questo mondo nuovo.
Spesso serve il grande evento per accorgersi di certi fenomeni. Ma ci sono correnti silenziose che, invece, parlano chiaro. Qui sul sito Giuseppe Caffulli ha già raccontato che nel 2011 gli italiani che hanno chiesto un permesso di soggiorno per motivi di lavoro in Brasile sono stati 72 mila, con 280 mila portoghesi, 62 mila spagnoli, 92 mila giapponesi.
È il più concreto degli omaggi a un Paese che, ancora oberato da contraddizioni e sacche di povertà estrema, ha realizzato un miracolo non solo economico ma sociale.
Il 27 ottobre del 2002, quando Lula divenne presidente, il real, la valuta brasiliana, crollò rispetto al dollaro, la Borsa sprofondò, il rating internazionale del Paese divenne una barzelletta. Ma nei dieci anni successivi sono stati creati 15 milioni di posti di lavoro e 28 milioni di persone (il 15% della popolazione) sono state sottratte alla povertà. L’anno scorso il Brasile è cresciuto del 7,5 per cento. I Giochi vanno nel posto giusto.
Spesso serve il grande evento per accorgersi di certi fenomeni. Ma ci sono correnti silenziose che, invece, parlano chiaro. Qui sul sito Giuseppe Caffulli ha già raccontato che nel 2011 gli italiani che hanno chiesto un permesso di soggiorno per motivi di lavoro in Brasile sono stati 72 mila, con 280 mila portoghesi, 62 mila spagnoli, 92 mila giapponesi.
È il più concreto degli omaggi a un Paese che, ancora oberato da contraddizioni e sacche di povertà estrema, ha realizzato un miracolo non solo economico ma sociale.
Il 27 ottobre del 2002, quando Lula divenne presidente, il real, la valuta brasiliana, crollò rispetto al dollaro, la Borsa sprofondò, il rating internazionale del Paese divenne una barzelletta. Ma nei dieci anni successivi sono stati creati 15 milioni di posti di lavoro e 28 milioni di persone (il 15% della popolazione) sono state sottratte alla povertà. L’anno scorso il Brasile è cresciuto del 7,5 per cento. I Giochi vanno nel posto giusto.


