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PEPSI COLA, UNO SPOT INFELICE
Meno male che l'indignazione e quel senso morale che impedisce di mescolare profitto e battaglie civilI non sono morti. Ne ha dato prova il movimento spontaneo che ha costretto la Pepsi Cola a ritirare lo spot con la modella Kendall Jenner che richiamava alla memoria in maniera fin troppo evidente le manifestazioni di protesta contro il razzismo e la violenza nei confronti degli afro-americani e il bellissimo gesto della donna che aveva ffrontato da sola i polioziotti.
Lo spot mostra appunto una folla in strada che esibisce cartelli in realtà piuttosto generici (tipo "Love" e altre banalità del genere) e marcia verso un punto in cui, ad attenderli, sono schierati alcuni poliziotti. I manifestanti - che più che neri colpiti drammaticamente nei loro diritti fondamentali o emarginati sociali assomigliano a studenti di Harvard presi dalla voglia di provare qualche brivido - riescono a trascinare con loro anche la gente che, ai lati della strada, assiste alla manifestazione. Una ragazza che porta il velo, ad esempio (un pizzico di multiculturalismo non guasta mai). E persino una modella belloccia che si sta sottoponendo a uno sfiancante set fotografico.
Persino lei, ad un certo punto, è costretta a distogliere lo sguardo da se stessa e a dirigerlo verso i manifestanti. E addirittura decide, complice uno sguardo carico d'intesa con un violoncellista, anche lui appena convertito alla protesta, di scendere in strada. Anzi, la modella, toltasi la parrucca, e diventata da bionda a mora, diventa la leader del movimento: infatti prende una lattina di Pepsi e la porge a uno dei poliziotti. Che non può far altro che accettarla e berla, rompendo la tensione in nome di un'intesa universale (su che cosa esattamente, non è dato saperlo).


NON MESCOLARE SIMBOLI E PRODOTTI
Abbiamo tralasciato solo di dirvi che, nel corso di questo lungo, lunghissimo spot, spuntano lattine di Pepsi dappertutto, prima del gran finale con la modella tramutatasi in manifestante che ne prende una e ne fa il simbolo della pace mondiale. Gran finale che evoca, fin troppo scopertamente, la vicenda di Ieshia Evans, la donna diventata celebre per aver affrontato pacificamente le forze dell'ordine a Baton Rouge, nelle proteste che seguirono la morte di Alton Sterling.
(Nel fotomontaggio in apertura, la realtà del gesto di Ieshia Evans scimmiottata dalla modella nel riquadro).
Un bel po' di gente, per fortuna aggiungiamo noi, ha trovato indigesta la pubblicità: non si possono utilizzare e strumentalizzare simboli di una protesta motivata da ragioni drammatiche per fare la pubblicità a un prodotto, cioè per far soldi. Non si mescola il sacro con il profano, il serio con il profitto. Le immagini delle proteste in difesa di diritti sacrosanti, perlopiù all'indomani di assurde uccisioni, come il ricordo della donna che da sola e armata solo di se stessa affronta pacificamente le forze dell'ordine, devono restare nei nostri cuori e nelle nostre menti come simboli di una lotta per i valori. Non vanno contaminati. Nemmeno con la Pepsi Cola. Lo sa anche il colosso americano che, infatti, ha ritirato lo spot (tra l'altro piuttosto pacchiano e new age) e ha chiesto scusa.
LO SPOT DELLA PEPSI COLA
E adesso guardatevi lo spot.



