Gli applausi al Teatro Dal Verme di Milano, ieri sera, attorno alle 23, sembrava non dovessero finire più. Docenti, studenti, amici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore uniti in un unico, entusiastico motto di apprezzamento a un originale, brillante viaggio nel contesto storico in cui nacque il prestigioso ateneo che proprio 100 anni fa, il 7 dicembre 1921, inaugurò il suo primo anno accademico.

Il monologo dal titolo 1921. Sull’orlo del futuro, pensato e scritto dai due storici del corpo docente, Paolo Colombo e Chiara Continisio, ricostruisce l’atmosfera del periodo in cui prese corpo l’avventura dei fondatori della Cattolica. A portarlo in scena dovevano essere i due stessi insegnanti ma alla fine la Continisio, trattenuta da un imprevisto, ha lasciato il palco al solo Colombo, che ha rivelato una capacità interpretativa notevole. In un paio d’ore e grazie all’ausilio di immagini e brani musicali davvero efficaci a cura di Stefano Tumiati, con citazioni di romanzi e frame di vecchi filmati, come in un caleidoscopio della memoria ecco pararsi davanti agli occhi la way of life nella Milano dei primi anni Venti.

Dallo shopping alla Rinascente (nome suggerito da D’Annunzio) che proprio quell’anno subì un devastante incendio, alla scelta della salma del milite ignoto da traslare all’Altare della Patria, che già allora i Romani avevano ribattezzato “a machina da scrive(re)”, dai sogni di Armida Barelli, tra i fondatori dell’ateneo, che presto verrà proclamata beata, una ragazza controcorrente con la stessa voglia di cambiamento dei coetanei odierni, agli inquietanti propositi di buona fine e buon principio di Benito Mussolini, che l’anno seguente avrebbe organizzato la marcia su Roma per poi dare avvio la fascistizzazione dello Stato. Nell’ultimo discorso alla Camera del 1921 il futuro duce alludeva a un futuro in cui le classi dirigenti si sarebbero formati in “università speciali”, ma di certo non vi annoverava la Cattolica, paladina in questo cento anni di molti valori e fra i primi la libertà di pensiero.

Con un ritmo sempre incalzante, un linguaggio diretto, l’uso della battuta e dell’ironia, in circa due ore, la narrazione storica di Colombo e Continiso, ha il merito di riportare a galla in molte delle sue sfaccettature l’incipit di un decennio che tanti chiamarono ruggente, andando oltre l’ufficialità per raccontare i regali che si facevano a Natale, le canzoni che si fischiettavano, i rumori (e i silenzi) per le strade, le “cavallesche” sfide calcistiche e tutto ciò che occupava pensieri e sogni delle famiglie italiane di quell’epoca. In questo scenario nacque la Cattolica che dovette appena agli albori fronteggiare la dittatura eppure è ancora oggi, un secolo dopo, solido vivaio di professionisti in vari campi

Il finale è forse la cosa che colpisce di più. Immagini di studenti di epoca varia, che si scambiano appunti, che s’incoronano a vicenda, che saltano le siepi dopo la proclamazione a dottori. E le note di We are the people who are wayting for, il brano di Martin Garrix con Bono e The Edge completano l’incanto. Alla fine Colombo, sul palco, non era il solo a tradire la commozione.