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Sarà l'Africa la protagonista della nona edizione di Con-vivere Festival, in calendario dal 5 al 7 settembre a Carrara (www.con-vivere.it, info@con-vivere.it, tel. 0585 55249). Una serie di incontri e dibattiti che spazieranno dalla politica all'economia, dall'antropologia alla letteratura passando per il cinema, la musica e le tradizioni gastronomiche, con l'obiettivo di restituire un ritratto del Continente africano oltre gli stereotipi.
Uno dei protagonisti del Festival sarà l'attore e comico Giobbe Covatta, il quale intreccerà un dialogo con la giornalista Myrta Merlino, sul sagrato della Chiesa del Suffragio, il 5 settembre. A Covatta abbiamo chiesto parlarci della “sua” Africa e non solo.
Il tema del suo intervento sarà “Africa”. Una parola che racchiude un Continente... Di cosa parlerà?
«In realtà nonostante il mio mestiere io non sono tanto portato al monologo, quanto al dialogo. Non sono un professore e non voglio salire in cattedra. Tenterò di raccontare questo universo, l'Africa, che ho avuto e ho il piacere di frequentare e di conoscere, coinvolgendo nel discorso le persone presenti».
Cos'è l'Africa secondo lei?
«Un continente misconosciuto e anche un mondo gigantesco, cercarvi un fattore comune, un minimo comun denominatore è complicato. L'Africa non è una famiglia dove tutti siano uguali, con caratteristiche simili... l'unico collante, il carattere comune, per un certo periodo, è stato il colonialismo e questo già ci fa capire molto. L'Africa è un pianeta sconosciuto, complicato. Il Continente Nero è un Continente Grigio, fatto di sfumature».
Lei si occupa di volontariato e impegno civile da tempo. Cosa ne pensa del tormentone delle secchiate d'acqua contro la Sla?
«Io non me lo farei mai perché sono molto freddoloso... scherzi a parte, penso che se le secchiate d'acqua aiutano la ricerca ben vengano, ma temo che quel che arriva al pubblico sia altro: non la lotta alla malattia, ma il vip che si tira il secchio d'acqua gelida in testa. La comunicazione non è solo evento, racconto, spiegazione di un fenomeno. Se ci fermiamo al gesto, perdiamo il grimaldello che ci permette di aprire le porte e capire qualcosa di più».
A proposito di porte, quest'estate l'Africa è stata anche la porta verso l'Occidente, il punto di partenza dei barconi con i migranti...
«Quello degli sbarchi è un fenomeno che esiste da anni, ma ora fa parte di una specie di mezzaluna, putroppo non fertile, che va dall'Ucraiana alla Libia passando per l'Egitto, l'Iraq, la Siria... Come dice papa Francesco, ormai siamo nella terza guerra mondiale, non dichiarata».
Il tema è dedicato al "Con-vivere": lei come interpreta questo concetto?
«Nel senso letterale, di vivere con qualcuno che non appartiene al nostro mondo, che ci costringe a confrontarci con culture, gusti, interessi diversi. È un arte difficile, difficilissima, perché si tratta di creare un legame che prima non c'era. Lo sforzo è quello».



