E’ tutta una rincorsa, probabilmente impossibile, a un’autenticità perduta, a un’innocenza smarrita. Il “Grande Fratello” che ha compiuto venticinque anni e torna in onda nella prima serata di Canale 5, ha esordito con un processo di depurazione, un detox del racconto televisivo. Provando a levarsi di dosso le scorie di tante edizioni che l’hanno ridotto a passarella di influencer di serie b, una melassa indistinguibile fra veri sconosciuti e finti vip.

E’ finita l’epoca di Alfonso Signorini o Barbara D’Urso, e il GF prova a darsi una nuova verginità appoggiandosi alle spalle di Simona Ventura, cui è richiesto uno sforzo sovrumano per un obiettivo davvero difficile. Sono passati venticinque anni da quella edizione condotta da Daria Bignardi che resterà fra le pagine della storia della televisione. In studio, feticci del passato cui appigliarsi, sono stati chiamati tre concorrenti di memorabili annate: Cristina Plevani, la “bagnina di Iseo”, vincitrice dell’esordio italiano del format; accanto a lei Floriana Secondi (terza edizione) e Ascanio Pacelli (quarta). Ma soprattutto c’è la Ventura, protagonista del format “Simona fa cose” (va a casa dei futuri concorrenti come una postina per annunciare il lieto evento, gestisce con mestiere studio e collegamenti), per riportare il GF ai fasti di un tempo.

L’operazione detox è accompagnata dalla pubblicazione – sulla piattaforma Mediaset Infinity – del bellissimo documentario “GF. L’anno zero del reality”, che ricostruisce quella prima, mitologica edizione. Con le voci dei protagonisti di allora – Pietro, Salvo, Cristina, Marina e gli altri – e con quella dei professionisti che hanno portato quel reality in Italia – fra cui quelle argute dell’allora direttore di Canale 5 Giorgio Gori e di Daria Bignardi – si rileggono alla perfezione le ragioni dell’iscrizione del programma nella storia della TV: prima dei social, GF ribalta le gerarchie consolidate dello show business e regala notorietà istantanea e smisurata a dieci ragazzi; alcuni ci mettono anni a riprendersi.

Ma la pubblicazione del docu su quell’edizione di venticinque anni fa è l’errore fatale da non compiere, forse per questo Mediaset l’ha nascosto su Infinity. Guardare in parallelo i due GF – anno 2000 e anno 2025 – fa immediatamente comprendere perché la missione di Simona Ventura è impossibile, o quanto meno ardua: oggi che i social ci sono, quella “autenticità e freschezza” – sono le parole di Daria Bignardi – diventa una chimera. Visti i concorrenti odierni, sembriamo un popolo già pronto e attrezzato per entrare nella Casa, l’autenticità si trasforma in stereotipo regionale, l’ingenuità in simpatia forzata, la freschezza in esuberanza fastidiosa anche alla conduttrice. Il GF può crescere se le storie di questi concorrenti forzatamente “normali” sveleranno lati imprevisti: lo sforzo per selezionarli è stato grande, ma forse quell’Italia un po’ più ingenua, da entrambi i lati delle telecamere, è svanita nell’esibizionismo di massa dei social media.