Non è lo scioglimento dei ghiacci ma la mancanza di cibo a provocare, giorno dopo giorno, la progressiva estinzione dei pinguini, calati del 50%, che vivono nella parte occidentale della penisola Antartica e nell’adiacente Mare di Scotia. A sostenerlo è Wayne Trivelpiec, biologo e professore alla Montana State University che, insieme con i suoi colleghi, ha condotto uno studio partito dall’esame delle due specie maggiormente coinvolte in questo crollo demografico: da un lato il pinguino Adelia, che trascorre l’inverno sulla banchisa, dall’altro il pinguino dal sottogola che risente molto meno dello scioglimento dei ghiacci poiché trascorre molto tempo in acqua. Bene, a dispetto di quanto sarebbe facile supporre, entrambe le specie hanno la stessa percentuale di estinzione e questo, secondo Trivelpiec, non sarebbe imputabile direttamente allo scioglimento dei ghiacci ma alla scarsità di cibo.
L’aumento delle temperature infatti provoca una diminuzione della densità del krill, nutrimento base di entrambe le specie: secondo i calcoli fatti, il riscaldamento del mare e l’incremento di altri animali mangiatori di krill, soprattutto le balene ma anche alcuni tipi di foca, hanno diminuito la quantità di gamberetti disponibili per i pinguini di circa l’80% rispetto agli anni Settanta. Proseguendo di questo passo, i pinguini scompariranno presto, con o senza ghiacciai.
L’aumento delle temperature infatti provoca una diminuzione della densità del krill, nutrimento base di entrambe le specie: secondo i calcoli fatti, il riscaldamento del mare e l’incremento di altri animali mangiatori di krill, soprattutto le balene ma anche alcuni tipi di foca, hanno diminuito la quantità di gamberetti disponibili per i pinguini di circa l’80% rispetto agli anni Settanta. Proseguendo di questo passo, i pinguini scompariranno presto, con o senza ghiacciai.


