Silvia Tortora cerca di entrare nel “cuore" di Marcello Lippi, mentre Annalisa Bruchi si occupa della "mente" del Ct dell'Italia. Una bella sfida, visto il carattere burbero del tecnico viareggino, quella della nuova puntata di "Big. La via del cuore, la via della ragione". Ecco in anteprima alcuni stralci dell'intervista.
A proposito di testa e cuore, quando Lippi deve formare una squadra, come quella dei mondiali del 2006, cosa usa soprattutto? «Quando si cerca di costruire un gruppo che si pone un obiettivo così importante come quello della vittoria del campionato del mondo, si cerca di costruire sempre un gruppo forte dal punto di vista umano. Poi bisogna dare un’organizzazione di gioco – e qui c’è la ragione – cioè la tattica, che è determinante. Io per esempio dico sempre che non sono sicuro di aver portato ai Mondiali i più bravi calciatori dal punto di vista tecnico che c’erano in Italia. Può darsi che ci fosse qualcuno più bravo tecnicamente che è rimasto a casa, ma di sicuro ho portato dei fuoriclasse per quanto riguarda la disponibilità di mettersi a disposizione l’uno dell’altro».
E sui Mondiali del 2006, Lippi ricorda: «Che grinta abbiamo avuto, che coraggio che entusiasmo che ci abbiamo messo nel fare questo Mondiale! E ricordarsi, ecco il vantaggio, di aver vinto già, di ricordarsi come si fa». Ed aggiunge: «Non è che dobbiamo guardare il Mondiale per far vedere al mondo come siamo stati, lo sanno tutti che abbiamo vinto. Dobbiamo ricordarci che cosa abbiamo fatto per vincere quel Mondiale, come ci siamo arrivati». E ai suoi giocatori il Ct cosa dice?: «Gli dico sempre che io cercherò con tutte le mie forze, di trasmettere a voi quello che mi passa dal cuore e dal cervello».
E fin qui l’allenatore. Ma Marcello Lippi, ha rimpianti? «Si. Di non aver studiato abbastanza, quasi niente. Mi sono dedicato quasi esclusivamente al calcio, poi sono riuscito attraverso un sacrificio personale a farmi una discreta cultura generale».
Giovedì 10, 00.30 - Rai Due
A proposito di testa e cuore, quando Lippi deve formare una squadra, come quella dei mondiali del 2006, cosa usa soprattutto? «Quando si cerca di costruire un gruppo che si pone un obiettivo così importante come quello della vittoria del campionato del mondo, si cerca di costruire sempre un gruppo forte dal punto di vista umano. Poi bisogna dare un’organizzazione di gioco – e qui c’è la ragione – cioè la tattica, che è determinante. Io per esempio dico sempre che non sono sicuro di aver portato ai Mondiali i più bravi calciatori dal punto di vista tecnico che c’erano in Italia. Può darsi che ci fosse qualcuno più bravo tecnicamente che è rimasto a casa, ma di sicuro ho portato dei fuoriclasse per quanto riguarda la disponibilità di mettersi a disposizione l’uno dell’altro».
E sui Mondiali del 2006, Lippi ricorda: «Che grinta abbiamo avuto, che coraggio che entusiasmo che ci abbiamo messo nel fare questo Mondiale! E ricordarsi, ecco il vantaggio, di aver vinto già, di ricordarsi come si fa». Ed aggiunge: «Non è che dobbiamo guardare il Mondiale per far vedere al mondo come siamo stati, lo sanno tutti che abbiamo vinto. Dobbiamo ricordarci che cosa abbiamo fatto per vincere quel Mondiale, come ci siamo arrivati». E ai suoi giocatori il Ct cosa dice?: «Gli dico sempre che io cercherò con tutte le mie forze, di trasmettere a voi quello che mi passa dal cuore e dal cervello».
E fin qui l’allenatore. Ma Marcello Lippi, ha rimpianti? «Si. Di non aver studiato abbastanza, quasi niente. Mi sono dedicato quasi esclusivamente al calcio, poi sono riuscito attraverso un sacrificio personale a farmi una discreta cultura generale».
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