Abbattere i nostri idoli mentali – paranoie, pensieri, ansie-, vivere nel presente, coltivare le relazioni, sapendo bene che non tutto dipende dalla nostra volontà. In una parola: la ricetta della felicità è “smetterla”. Lo dice fin dal titolo del suo nuovo libro, Smettila e sii felice (Sperling & Kupfer) il “life coach” Paolo Gambi, studioso di psicologia e spiritualità, collaboratore dell’associazione Agape Coaching (www.agapecoaching.org) per cui tiene corsi e seminari, e a breve collaboratore della prestigiosa rivista americana Newsweek.

Gambi, che lavora anche con sportivi, soprattutto tennisti, a cui insegna tecniche per ottimizzare le prestazioni sul campo, nel libro propone un percorso che attraverso le scritture cristiane insegna a gestire le nostre emozioni, il rapporto con la nostra mente e con gli altri, per raggiungere una nuova consapevolezza di noi stessi.

Perché l’idea di usare le scritture cristiane per guidare il lettore al cambiamento?
«Sempre più persone, anche in Italia, ricorrono a corsi di crescita personale, ma molti di questi corsi sono intrisi di buddhismo e new age. Ma noi non abbiamo già una spiritualità, senza dover ricorrere a quelle orientali? Ecco come ho trasformato la spiritualità cristiana nel presupposto della crescita personale. E se vogliamo essere felici dobbiamo smetterla. Con noi stessi, i nostri pensieri sabotanti, le nostre scuse... dobbiamo essere capaci di cambiare e in un certo senso abbandonare noi stessi, come ci insegna la mistica cristiana».

Scrivi: “il tuo futuro non corrisponde all’orizzonte della tua volontà”. Sembra il contrario della filosofia del “tutto dipende da te” di molti coach e guru.
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I tanti “guru” della crescita personale insegnano a circumnavigare l’ego, conducendo in cammini per diventare una specie di superuomo nietzschiano. Ma il lavoro su pensieri ed emozioni si infrange quando la persona esce dalla dimensione del proprio io e scopre di essere relazione. Serve un equilibrio tra la consapevolezza che siamo liberi di fare scelte per noi stessi, e quella che per quanto ci possiamo arrovellare solo in Dio possiamo scrivere la nostra vita. Lo aveva detto bene Sant'Ignazio: “agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo che tutto dipende da Dio”».

Scrivi che noi esseri umani siamo prigionieri degli “idoli” mentali. Cosa significa?
«Innalziamo al di sopra di tutto le nostre convinzioni, che diventano la verità attraverso cui filtriamo e giudichiamo la realtà. Trasformiamo i prodotti del nostro cervello in veri idoli e finiamo per farli diventare i nostri padroni. Ma i nostri pensieri non sono che un soffio».

Altro tuo “insegnamento”: bisogna vivere nel presente.  
«È l'unico orizzonte in cui articolare la nostra vita. Il passato è la dimensione del ricordo, e può essere un nostro grande alleato o un nemico che ci tormenta: dipende da come decidiamo di vederlo. Il futuro è invece l’orizzonte della speranza, ma può anche essere oggetto di ansie».

Sottolinei in più punti l’importanza delle relazioni con gli altri. Non trovi che uno dei problemi nella società odierna sia anche l’incapacità di stare soli con se stessi?   
«Non siamo mai soli, specialmente quando siamo con noi stessi. Anche quando siamo soli stiamo in realtà tessendo una trama di relazioni fra diverse parti di noi. Il problema è che spesso non abbiamo lavorato abbastanza sulla nostra interiorità, e quindi non siamo in pace con noi stessi».

Quali sono i problemi più frequenti che riscontri nelle persone che si rivolgono a te?
« Una non sufficiente conoscenza di sé e delle proprie emozioni. Ci sono tante persone che si laureano, diventano grandi manager, mettono su famiglia, ma hanno un rapporto con le proprie emozioni che sembra quello di un bambino di 7 anni. Nessuno insegna a crescere nella vita emotiva: da qui nascono una marea di problemi nella vita quotidiana, nelle relazioni, sul lavoro».