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Roberto Benigni durante il monologo Pietro, un uomo nel vento
Che regalo ci ha fatto Roberto Benigni per la conclusione del Giubileo e per il Natale che si avvicina.
Straordinario è l’evento che abbiamo seguito su Rai 1, come già accaduto con i monologhi su Dante all’ultimo e su quello dell’anno scorso sul sogno europeo del Manifesto di Ventotene.
Nel caso di Pietro. Un uomo nel vento, Benigni ha superato sé stesso, in primo luogo per l’eccezionalità del posto: lo seguiamo mentre attraversa le stupefacenti bellezze della Basilica del Vaticano per raggiungere la tomba del protagonista del suo racconto, San Pietro.
E poi, eccoci, nei giardini “segreti” del Vaticano, quelli immaginati delle passeggiate dei Papi (che in realtà abbiamo visto fra le prime immagini in movimento girate su un Papa nella storia, Leone XIII nel 1896). Siamo qui, a due passi dalla Basilica, e dalla tomba scoperta dall’archeologa Margherita Guarducci.


Un'immagine dello spettacolo all'interno del Vaticano
(Courtesy of Melampo Cinematografica - Ph. Luca Dammicco)Perché l’importanza di questo luogo unico? Le telecamere, e i droni, inquadrano spesso Benigni dall’alto, un piccolo uomo in mezzo a tanta storia e tanta bellezza. Ed è proprio l’umanità di Pietro che è al centro del monologo del più bravo attore che abbiamo, un patrimonio del Paese.
Due ore ininterrotte, senza pause, con la forza della narrazione e della passione, per passare in rassegna una vita che scorre all’insegna di una scelta decisiva, avvenuta in un piccolo paese della Galilea, dove un umile pescatore viene investito dal vento di un messaggio nuovo e straordinario. E da lì Pietro parte, per una missione che sembra impossibile e folle. Conquistare al messaggio dell’amore cristiano l’impero romano e il mondo intero. «Le cose più importanti della vita non si apprendono e non si insegnano, si incontrano».




