C’è un angolo della Brianza che d’estate non si svuota, non parte, non si abbronza. Resta lì, con le tapparelle abbassate e l’Audi in garage, la biblioteca aperta a orario ridotto, due oratori e tre chiese in funzione. È Usmate Velate – anzi, come lo chiamano loro, Usmaci Velaci – il centro di gravità comica, surreale e affettuosa della nuova hit dell’estate firmata dai The Pax Side of the Moon, un samba travolgente e autoironico che ha conquistato il web, le radio - da quelle locali a R101, Radio24, Radio Deejay e Radiopop - e persino il palco del Concertozzo degli Elio e le Storie Tese.



A scriverlo è stato Filippo Pascuzzi, in arte Pax, bergamasco trapiantato a Usmate che è anima del gruppo insieme ad Alexander Williams, voce, Pier Panzeri, chitarra elettrica, Stefano Barbanti, chitarra acustica, Giuseppe Chisari, tastiere, Fabio Longo, basso, Matteo Canali, batteria. Al brano Usmaci Velaci hanno partecipato: Faso degli Eelst, basso, Daniel Plentz dei Selton, percussioni, Carlo Nicita, flauto, Serena Ferrara, André Silva, Rosa Taveira, cori, Rec & Mix: Luca Mezzadra per Hukapan. «Il pezzo è nato per caso, una sera d’estate in montagna – racconta Pax – suonavamo a un festival sopra Valmadrera, in provincia di Lecco,  il freddo ci ha colti impreparati, eravamo vestiti da samba e ci siamo ritrovati in felpa. Per scherzo ho iniziato a improvvisare una bossa nova brasiliana, dicendo che venivamo da ‘Usmaci Velaci’. Da lì è nato tutto». Una battuta diventata melodia. Una jam improvvisata diventata racconto collettivo.

Quel samba ha preso corpo nei mesi successivi, in una stagione libera da vincoli discografici e tournée. E nel pieno della primavera 2025, a tempo di record, ha dato vita a “Estate a Usmate Velate”, un brano che – complice la sua immediatezza e l’ironia contagiosa – si è diffuso ben oltre i confini brianzoli. «È successo tutto in modo spontaneo. Nessuna strategia, nessun piano marketing. Solo un vocale in chat alla band. Poi qualche reel su Instagram, che ha fatto 400mila visualizzazioni, e boom: la canzone ha iniziato a girare da sola».



Il testo è una geografia emozionale fatta di toponimi storpiati (da Vimercaci a Linaci, Lainaci, Carugaci, Agraci, Gallaraci, per chiudere a Bollaci), riferimenti pop (“l’Audi di papà”), mitologie suburbane (la villetta in classe A) e citazioni culturali celate sotto la superficie. «È un brano che nasce da dentro – spiega Pax – non è una satira aggressiva, ma un esercizio di autoironia. Siamo immersi fino al collo nella nostra provincia e, per una volta, volevamo celebrarla. Anche nei suoi aspetti più banali. Elevarla, almeno un po’. E se lo fai cantando e facendo festa, anche una biblioteca di paese può sembrare un tempio».

Nel brano non si punta il dito, si sorride. Con affetto. «Non c’è niente da demolire – aggiunge – ma tanto da osservare. Usiamo il nostro punto di vista: quello di chi, pur abitando in un posto, non riesce mai a viverlo davvero. Come me, che vivo a Usmate ma lo frequento pochissimo. Il lavoro a Milano, mia moglie a Piacenza, la vita altrove. Per questo mi incuriosiva raccontarlo: perché quasi non lo conoscevo. E farlo cantando ha acceso in me la voglia di scoprirlo».



Un manifesto della sopravvivenza agostana

Questa “scoperta cantata” ha coinvolto anche i fan: sui social è iniziata una sorta di mappatura partecipata dei luoghi più “notevoli” di Usmate e dintorni. «Ci scrivono in privato per segnalarci chiesette nascoste, panchine panoramiche, angoli insoliti. È come un turismo gentile, un po’ segreto, che nasce per gioco. Ma funziona. Perché anche in una cittadina di diecimila abitanti puoi trovare piccoli gioielli. Basta saperli guardare».

I The Pax Side of the Moon non sono nuovi a operazioni del genere. Attivi dal 2011, con un curriculum che spazia dal palco di Zelig alla Giornata del Risparmio Energetico, dalla sigla per Radio Deejay alla “musica idroelettrica” suonata in una centrale Edison, sono noti per la loro capacità di coniugare ironia, riflessione sociale e un profondo attaccamento al territorio. Tra i loro successi “Lombardia (dicon tutti che sei mia)”, è del 2015. Poi è arrivato “Geni”, sulla deriva digitale, e ora Usmaci Velaci, «una specie di manifesto della sopravvivenza agostana».



Il legame con gli Elio e le Storie Tese non è solo stilistico, ma anche professionale: la band condivide con loro la storica etichetta Hukapan. «Collaborare con Faso e Cesareo per noi è una fortuna enorme – racconta Pax – sono musicisti straordinari e amici generosi. Senza di loro, probabilmente, il brano non avrebbe avuto lo stesso groove, lo stesso spirito».

Dietro lo humour, però, si nascondono anche visioni più cupe, più adulte. C’è un verso che colpisce, tra i tanti: “se vuoi il clima tropicale, asfaltamo fino al mare”. È lì che la canzone vira dalla commedia all’osservazione critica. «Non volevo fare una canzone militante – chiarisce Pax – ma è chiaro che siamo dentro a un cambiamento climatico, e in parte ne siamo responsabili. Stiamo asfaltando boschi per costruire autostrade, e non investiamo in ferrovie. Ho voluto inserirlo con delicatezza, ma con consapevolezza».

C’è anche spazio per una riflessione su chi resta a casa, non per scelta, ma per necessità. «Mi ha colpito vedere tanti video di persone che ballano la nostra canzone scrivendo: ‘noi che restiamo qui’. Ci sono famiglie che non possono permettersi le vacanze, giovani che lavorano d’estate, gente che non parte. A tutti loro volevamo regalare un sorriso. Una samba per chi resta. Un momento di evasione, anche se sei in ciabatte sul balcone».

La cifra dei Pax è proprio questa: combinare l’autoironia con la tenerezza, l’umorismo con lo sguardo politico, senza mai scadere nella paternale. Una filosofia che Pax sintetizza evocando Stromae: «Penso spesso alla sua Alors on danse: una canzone triste, ma ballabile. Parla del disastro intorno, ma ti fa muovere. Ecco, anche noi vorremmo dire: non possiamo cambiare tutto, ma possiamo ballare. E se balliamo insieme, magari qualcosa si muove davvero».



Il risultato? Una canzone che vive di tante letture: per alcuni è solo divertimento, per altri è un inno alla resilienza, per altri ancora un manifesto di cittadinanza leggera e consapevole. «Non mi piace l’idea che un brano debba avere una sola interpretazione – dice Pax – preferisco che ciascuno trovi la propria. Anche perché, come diceva un mio amico, se non puoi salvare il mondo, almeno metti un po’ di musica e ballaci sopra».

Nessuna “fabbrica del tormentone”, nessuna major a spingere il singolo. Usmaci Velaci è esploso dal basso, come solo le cose autentiche sanno fare. E anche per questo i Pax Side of the Moon a Usmate Velate il 28 settembre restituiranno l'affetto degli usmatesi e velatesi per il supporto con un concerto per chiudere l'estate (al centro sportivo locale). «Quando ci dicono che è un tormentone, ci viene da ridere. Noi lo abbiamo finito tra maggio e giugno. Troppo tardi, ci dicevano. E invece è andata. È andata perché la gente l’ha voluta. Perché è sincera. E forse perché parla un po’ di tutti noi, anche se non viviamo a Usmate Velate».