La Roma dei padroni americani licenzia Zeman, dopo il 2 a 4 in casa contro il Cagliari, ed è come se licenziasse tutti quelli di noi che credono nel calcio divertente e divertito, nel gioco d’attacco, nel football “bailado” per dirla alla brasiliana: insomma, un gioco che sia anche gioco. Mago l’anno scorso nel Pescara promosso in A, Zdenek Zeman, boemo fatto italiano in tanti anni e rivelato come maestro di football piacevole specialmente col Foggia dei suoi tanti miracoli, era stato messo al centro del progetto romanista intitolato al gioco fresco alla gioventù, all’assenza di tatticismi.

Le squadre di Zeman segnano molto e prendono anche tanti gol. Credere in Zeman a taluni pareva un lusso, ad altri una regola per degnamente sopravvivere. La Roma lo ha confermato quando sembrava che lo dovesse proprio far fuori, lo ha fatto fuori quando sarebbe stato un gesto forte e persin nobile confermarlo. Riunione in sede la settimana scorsa, Zeman che dice: “Allenerò la Roma per ancora cinque anni”. D’accordo i dirigenti romanisti che in Italia rappresentano l’azionariato statunitense. Poi una sciagurata partita interna col Chievo, con errori ”macro” del portire giallorosso, una riunione il giorno dopo, ciao Zeman. La squadra giallorossa è affidata ad un certo Andreazzoli, in attesa di chissà quale mago/bis, dicono Giampaolo o il francese Blanc. 

Zeman ha 65 anni, pensiamo che tornerà a Pescara, serie A o serie B. A Roma ha osato discutere Totti e tenere fuori squadra De Rossi. Ha osato dire che la società non ha potere autentico sui giocatori, i quali dichiarano e fanno cosa vogliono. Ha parlato poco per spiegarsi, quasi niente per difendersi. Ha fatto molto per il nostro calcio tutto, e guai a chi dimentica che è partita da lui, dai suoi allarmi, almeno una certa attenzione al problema, concretissimo, del doping fra i giocatori (e magari fra i dirigenti…). Se ne va dal palcoscenico massimo un personaggio scomodo, pulito, intelligente. Uno che conosce tante discipline: è stato calciatore ma anche pallavolista e hockeysta sul ghiaccio e tennista, giocatore di pallamano, ad alti livelli, quando studiava sport nella sua Cecoslovacchia, prima di essere chiamato in Italia dallo zio, Cestmir Vycpalek, giocatore poi allenatore della Juventus. Era sarcastico, di poche essenziali parole. Non aveva paura di dare del dopato anche a qualche asso illustre. 

Abbiamo davvero sperato che la gestione made in Usa della Roma fosse superiore allo squallido teatrino nostrano, dove si cambia allenatore per dire di sì alla piazza, che è spesso idiota, e alla stampa, che è spesso carnivora. Zeman paga una sconfitta balorda ma paga pure il momento sì della Lazio, squadra rivale diretta, con frustrazione cattiva della tifoseria ed anche della dirigenza giallorossa. Anche questo bisogna dire, tristissimamente. Il brutto, il tragico è che Zeman mancherà a pochi. La giostra gira, siamo tutti bambini ed è sempre Carnevale.