Da padre, credente e praticante, vorrei far notare che non possiamo lamentarci se i bambini sono sempre più lontani dal messaggio cristiano. Ci sono catechiste che propongono la nostra fede in un modo che sarà andato bene cento anni fa, ma che ora non arriva certo a toccarli da vicino: spiegazioni minuziose di riti, vecchie devozioni e persino qualche allusione miracolistica che tocca i toni del magico… Parlo di quel che conosco, una signora molto gentile e molto anziana, ma ho sentito che anche altri genitori si lamentano. Noi proviamo a proporre altro ma, come accade nel caso della scuola, ognuno ha il suo compito, genitori da una parte, educatori dall’altra.

Fausto

Caro Fausto, mi hai fatto ricordare una lamentela simile alla tua, che tanti anni fa ho fatto presente al nostro anziano amato parroco che mi ha risposto con severità: “Perché non vieni tu a farlo?”, lasciandomi senza parole, anche se con un lavoro a tempo pieno e tre figli avrei avuto una buona scusa... Per prima cosa, quindi, dobbiamo ringraziare la generosità dei volontari che ancora oggi si rendono disponibili a questo servizio e che – ne sono certa – con la loro gentilezza e autenticità rimarranno comunque nel cuore dei bambini. Ricordiamoci che, al di là delle parole, c’è sempre una fondamentale comunicazione di altro tipo aiutata dalla presenza di ben Altro! Nello stesso tempo ti vorrei segnalare l’esperimento interessante di Sara Masella che, basandosi sulla sua lunga esperienza di educatrice e insegnante di Religione a Taranto, ha realizzato un manuale intitolato Andare a scuola di emozioni (Carello). Incontrando l’umanità di Gesù, i bambini sono invitati a parlare delle proprie fragilità e dei propri desideri, accompagnati in un percorso che prevede racconto, ascolto, disegno e rappresentazioni.