Liturgia del giorno:
At 9, 26-31; Sal.21; 1 Gv 3, 18-24; Gv 15, 1-8.
Gianna Beretta era nata a Magenta il 4 ottobre 1922; ma poi la famiglia si trasferì prima a Bergamo, dove la ragazza fece la prima Comunione e ricevette la Cresima, poi a Genova-Albaro: lì le morì la mamma e, tornata a Bergamo, perdette anche il padre. Nel 1942 si iscrisse all’università nella facoltà di medicina, impegnandosi contemporaneamente nell’apostolato come membro attivo dell’Azione Cattolica. Laureatasi nel 1949, tre anni dopo conseguì anche il diploma in pediatria, aprendo un ambulatorio a Mesero presso Magenta. La sua intenzione era quella di lavorare come medico missionario in Brasile, dove già si trovava uno dei due fratelli sacerdoti, il cappuccino padre Alberto, ma l’incontro con l’ing. Pietro Molla la orientò poi verso il matrimonio, celebrato il 24 settembre 1955. Ne nacquero tre figli: Pierluigi, Mariolina e Laura. Poi, dopo due maternità andate a vuoto, durante una nuova gravidanza le fu scoperto un fibroma all’utero con la prospettiva, data la gravità del caso, di rinunciare alla maternità per non morire. Ma la santa, che aveva una sua gerarchia di valori ispirata da profonda fede, entrata in ospedale per sottoporsi a un delicatissimo intervento, diede ai medici questa perentoria consegna: «Salvate la mia creatura». Contro il parere di tutti, portò avanti la sua difficile maternità e il 21 aprile 1962 nacque Gianna Emanuela. Una settimana dopo, il 28 aprile, Gianna moriva nella sua casa di Ponte Nuovo di Magenta. Il suo caso impressionò fortemente l’opinione pubblica. Arcivescovo di Milano era allora il cardinale Giovanni Battista Montini che, diventato papa col nome di Paolo VI, il 23 settembre 1973 nell’Angelus domenicale additò, ad una società incline a soffocare la vita, l’eroica madre come esempio di «meditata immolazione». Beatificata il 24 aprile 1994 da Giovanni Paolo II, è stata inclusa nell’albo dei santi il 16 maggio 2004 con quella che è stata questa l’ultima canonizzazione di papa Wojtyla.