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Il Vangelo di Luca che narra la Natività è un brano ricco di paradossi.
Dio, l’Onnipotente, il Messia atteso da sempre, sceglie di incarnarsi nella forma di un bambino: semplice, fragile. Non viene in un palazzo regale e maestoso, ma nella povertà di una grotta, di una mangiatoia. Non si manifesta ai potenti dell’epoca, ma ai pastori, tra i più poveri e marginalizzati, spesso guardati con sospetto, talvolta considerati briganti.
Questo racconto ha ancora tanto da dire al nostro cuore oggi.
Gesù nasce in una mangiatoia perché per Maria e Giuseppe non c’era posto in un alloggio. La prima domanda che possiamo porci è: nel mio cuore, oggi, c’è posto per Dio? Gli lascio spazio? Cerco di accoglierlo? Lui sta alla porta e bussa, promettendo che, se apriamo, entrerà e prenderà dimora presso di noi.
Ma cosa abita il nostro cuore? La mangiatoia, forse, è povera, sporca, fredda, proprio come quella in cui nacque Gesù. Questo però non deve preoccuparci né spaventarci: Gesù ha scelto i pastori, gli ultimi, come primi testimoni.
Gesù non è venuto per chi si sente perfetto, ma per chi riconosce di avere bisogno. Non aspetta che siamo impeccabili, ma desidera entrare nel nostro cuore così com’è, proprio ora. Basta aprirlo.
Il cuore ha una porta con una maniglia che si apre solo dall’interno: è la nostra libertà. Dio, onnipotente nell’amore, come dice Papa Francesco, rispetta la nostra decisione.
Chiara Amirante scrive che "ogni nostro sì a Dio apre un pezzetto di cielo sulla terra, mentre ogni nostro no lo chiude". Allora, non preoccupiamoci troppo di come siamo o di ciò che abita la grotta del nostro cuore. Cerchiamo certamente di migliorare, ma, soprattutto, di amare: diciamo sì all’Amore, apriamo la porta e permettiamo a Gesù di nascere dentro di noi.



