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Ecco un caso, sempre più frequente, in cui la tecnologia elettronica e digitale ha un impatto diretto sulla sicurezza stradale. Non siamo per niente sicuri che questo casco cosiddetto "intelligente", Skully (che è un nome anche sinistro, perché skull vuol dire teschio) sia davvero di aiuto per i motociclisti, come l'azienda californiana che lo produce promette. Questo casco, infatti, è stato progettato per fare da navigatore, per "passare" le telefonate senza togliere le mani dal manubrio, per dare le previsioni del tempo e, soprattutto, per diffondere la musica ad alta fedeltà nelle orecchie. Dentro il casco.
Certamente, una diavoleria elettronica fantastica, con telefonate via Bluetooth e integrazione perfetta con gli smartphone Android e non solo. Ma da motociclista mi chiedo se la musica diffusa a palla nelle orecchie, con la testa chiusa in un casco, sia la soluzione migliore, e più "intelligente", per portare a casa la pelle sani e salvi. Non c'è bisogno di ricordare ai centauri, ma anche a chi va in moto per raggiungere il posto di lavoro e dribblare, seppure con uno scooter, che non c'è nulla che distrae di più un motociclista di continue segnalazioni nelle orecchie, con musica ad alto volume che finisce per farti dimenticare che sei su due ruote, e non su quattro. Mentre invece un motociclista deve sentire bene la sirena di un'ambulanza, il clacson di un'auto, eccetera. E su un mezzo a due ruote, vale anche per l'auto ma soprattutto per la moto, la concentrazione e la presenza a sé stessi sono fondamentali per la sicurezza.

E qui, invece, a forza di interagire con l'interfaccia digitale del casco - rispondi alle telefonate, ascolta le indicazioni, alza il volume perché ci sono i Pink Floyd - prima o poi finisci per dimenticare la strada e i rischi, pazzeschi, soprattutto in città, che ha chi va in moto, se non sta più che attento.

Skully: non è che magari stiamo esagerando con la tecnologia?