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Beato il Paese che non ha bisogno di eroi, diceva Bertolt Brecht. E così sembra pensarla anche Luigi Zoja, e il perché lo spiega bene nel suo Utopie minimaliste (Chiarelettere). Buono.
L'idea di fondo è che oggi, nel XXI secolo, le utopie massimaliste non siano più credibili né utili. D'altra parte, dopo il disatro che hanno causato nel XX secolo comunismo, fascismo, nazismo e ogni altro ismo, risulta impossibile dare credito a chi pretende di realizzare un'ideologia totalitaria. L'utopista massimalista vuole tutto e subito, spiega Zoja, quindi accetta la violenza come mezzo per imporre il proprio credo, per vedere incarnata la propria fede.
Quanti disastri in nome di questa presunzione di essere depositari del bene...
Quindi, viviamo senza utopie? Impossibile, risponde lo psicoanalista, dipanando un'analisi che si muove fra psicologia, sociologia, economia e storia. Impossibile perché l'uomo ha bisogno di utopie, appartengono alla sua essenza, come il desiderio di cambiare in meglio la vita individuale e comunitaria. Se le utopie massimaliste hanno fallito, dobbiamo misurarci con quelle che lui definisce utopie minimaliste: progetti di cambiamento che fanno i conti con la realtà, con il cambiamento graduale, che hanno pazienza, scevre dall'arroganza di possedere il bene assoluto; utopie che mai si arrogherebbero il diritto di fare del male agli altri in nome dei propri valori...
Traduco: riforme, non rivoluzioni; socialdemocrazia, fra liberismo consumista e comunismo; la politica dei piccoli passi, che trae alimento e forza dalla coscienza degli individui, dalla loro maturità...
Per illustrare il modello dell'utopia minimalista, Zoja indica alcuni modelli negativi e positivi: Che Guevara fra i primi, Olof Palme fra i secondi. E tocca molte questioni al centro del dibattuto attuale: l'ecologia, la politica, i diritti, la vita...
Eroi sì, ma minimalisti. Gli altri hanno già fallito...
L'idea di fondo è che oggi, nel XXI secolo, le utopie massimaliste non siano più credibili né utili. D'altra parte, dopo il disatro che hanno causato nel XX secolo comunismo, fascismo, nazismo e ogni altro ismo, risulta impossibile dare credito a chi pretende di realizzare un'ideologia totalitaria. L'utopista massimalista vuole tutto e subito, spiega Zoja, quindi accetta la violenza come mezzo per imporre il proprio credo, per vedere incarnata la propria fede.
Quanti disastri in nome di questa presunzione di essere depositari del bene...
Quindi, viviamo senza utopie? Impossibile, risponde lo psicoanalista, dipanando un'analisi che si muove fra psicologia, sociologia, economia e storia. Impossibile perché l'uomo ha bisogno di utopie, appartengono alla sua essenza, come il desiderio di cambiare in meglio la vita individuale e comunitaria. Se le utopie massimaliste hanno fallito, dobbiamo misurarci con quelle che lui definisce utopie minimaliste: progetti di cambiamento che fanno i conti con la realtà, con il cambiamento graduale, che hanno pazienza, scevre dall'arroganza di possedere il bene assoluto; utopie che mai si arrogherebbero il diritto di fare del male agli altri in nome dei propri valori...
Traduco: riforme, non rivoluzioni; socialdemocrazia, fra liberismo consumista e comunismo; la politica dei piccoli passi, che trae alimento e forza dalla coscienza degli individui, dalla loro maturità...
Per illustrare il modello dell'utopia minimalista, Zoja indica alcuni modelli negativi e positivi: Che Guevara fra i primi, Olof Palme fra i secondi. E tocca molte questioni al centro del dibattuto attuale: l'ecologia, la politica, i diritti, la vita...
Eroi sì, ma minimalisti. Gli altri hanno già fallito...



