Il successo di Marie Le Pen alle elezioni amministrative francesi ha galvanizzato i movimenti e i partiti che hanno fatto dell’euro un feticcio da abbattere, come la Lega o il Movimento Cinque Stelle. Sempre più politici, scrittori, giornalisti, persino economisti vogliono entrare a far parte di un club molto trendy, quello della lira. Converrà allora ricordare cosa succederebbe un minuto dopo l’uscita dall’eurozona (già di per sé quasi impossibile visti i rapporti valutari dell’Italia con il resto del mondo)  e il ritorno alla nostra cara liretta. La nuova valuta comincerebbe a schizzare in alto per via del deprezzamento. Ottimo per le imprese che esportano ma una tragedia per quelle che importano, per non parlare dei costi dell’energia (siamo un Paese senza materie prime, questo dovremmo ricordarcelo sempre).

Con la lira i prezzi crescerebbero fino al 50 per cento: immaginatevi con quali conseguenze per i redditi fissi medio bassi: pensionati, operai, insegnanti, liberi professionisti e via dicendo. Non è un caso che l’inflazione venga chiamata “la tassa dei poveri”. Ci sveglieremmo al mattino con della moneta in tasca senza sapere quanto varrebbe alla sera. Tra le tante conseguenze un aumento sconsiderato dei mutui per la casa e un’impennata dei tassi. Il nostro debito pubblico, già ipertrofico, ci renderebbe simili alla Grecia (salvata da Bruxelles), e forse all’Argentina degli anni '90, ai tempi del "coralito", quando la gente andava al supermercato la mattina perché al tramonto quel che aveva in tasca sarebbe diventata carta straccia. Meditate gente, meditate quando ascoltate questi pifferai della lira pronunciare la "damnatio" dell'euro. Tutta gente che in una rinata banconota con il ritratto di Michelangelo o Giuseppe Verdi, di suo, non investirebbe un centesimo. Vero ragionier Grillo?.