Il tredicesimo operatore umanitario di Medici senza frontiere ucciso nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra. Si chiamava Hussein Al Najjar, “è morto il 16 settembre a Gaza a causa delle ferite da schegge riportate cinque giorni prima, a seguito di un attacco aereo israeliano vicino alla sua tenda. Sono rimasti feriti nello stesso incidente anche la cognata e il nipote. Non si tratta di un tragico incidente, ma dell'ennesima dimostrazione che a Gaza non esiste alcun luogo sicuro”, riporta l’organizzazione medico-umanitaria.

“Hussein lavorava con noi come infermiere da gennaio 2024, nelle cliniche di Deir al-Balah e Khan Younis”, spiega ancora Msf. “In precedenza, aveva lavorato in collaborazione con i nostri team come tecnico di sterilizzazione in un progetto di ricostruzione degli arti presso l’ospedale Al-Awda. Padre di 3 bambini, era una persona appassionata e amava la vita. Inoltre, orfano di padre, Hussein era il maggiore di quattro fratelli e supportava finanziariamente gli studi di uno di loro, che sta studiando medicina in Egitto”.

Nonostante la situazione sia sempre più difficile e rischiosa anche per gli operatori “Msf rimarrà a Gaza City il più a lungo possibile. Data la situazione così instabile e pericolosa, stiamo valutando ora per ora se continuare a operare a Gaza City. Abbiamo bisogno che gli ospedali e le cliniche continuino a funzionare anche lì”, dichiara Jacob Granger, coordinatore dell’emergenza di Msf a Gaza. “Operare a Gaza City”, spiega Granger, “al momento è estremamente pericoloso a causa della mancanza di garanzie di sicurezza da parte del Governo israeliano. Gli operatori umanitari, palestinesi e internazionali, rischiano la vita ogni giorno per fornire acqua e servizi sanitari”.

A Gaza City i team di Msf continuano ad operare in 2 ospedali e 2 cliniche e a distribuire acqua. Ecco la testimonianza di Granger, riportato dalla Ong.  “Un mese fa, Gaza City contava circa 1 milione di abitanti. Tutte queste persone vivono in condizioni davvero precarie. Non hanno accesso al cibo, all'acqua e alle cure mediche di base. In queste condizioni, è molto difficile per loro riuscire a spostarsi a sud. Mancano le infrastrutture e non c'è spazio sufficiente al sud. Da oltre una settimana stiamo osservando un cambiamento nell'intensità degli attacchi sferrati dalle forze israeliane, così come l'avanzata delle forze di terra. I team a Gaza City stanno registrando un aumento di feriti a causa delle operazioni delle forze israeliane”.

“Stiamo assistendo anche agli sfollamenti. È davvero difficile stimare il numero di persone che hanno lasciato Gaza City per dirigersi verso sud. Ma molti di loro non vanno via perché non hanno nessun luogo sicuro dove andare al sud. Devono scegliere tra rimanere nel rifugio che hanno, una tenda o i resti di un edificio, il più delle volte sovraffollato e dover affrontare le operazioni militari delle forze israeliane, oppure lasciare tutti i loro averi al nord e cercare di andare a sud per trovare un pezzo di terra”.  

“La cosiddetta zona umanitaria che le autorità israeliane hanno dichiarato essere un po' più a sud di Khan Younis sarebbe di circa 42 chilometri quadrati. Quindi si aspettano che forse più di 2 milioni di persone si trovino in 42 chilometri quadrati. Un’area che si potrebbe confrontare con la superficie di Manhattan, di circa 58 chilometri quadrati per 1,6 milioni di abitanti. Ma è facile vedere la differenza tra la Striscia di Gaza di oggi e Manhattan: sono rimasti pochissimi edifici a Gaza, la maggior parte delle persone vive in tende sovraffollate e le autorità israeliane non consentono l'ingresso di un numero sufficiente di tende".

"La popolazione di Gaza City si trova di fronte a una scelta impossibile: avere un tetto sopra la testa e affrontare l'intensificarsi delle operazioni militari a Gaza City, oppure lasciare tutto e cercare di spostarsi verso sud, dove non c'è spazio e dove tutto costa moltissimo.  Più del 70% della popolazione di Gaza non ha un reddito stabile. L'accesso al denaro, l'accesso ai contanti, è davvero difficile. E per spostarsi servono migliaia di dollari".

"Nelle nostre strutture stiamo riscontrando un numero sempre maggiore di pazienti in condizioni critiche, con ferite recenti e ancora aperte. L'ospedale Al-Shifa, il più grande ospedale ancora funzionante nel nord, ha un tasso di occupazione pari al 250%. L'accesso alle forniture mediche è, inoltre, estremamente complicato e insufficiente per garantire servizi medici salvavita alla popolazione. L'accesso all'acqua potabile è sempre più limitato e sempre più persone non hanno accesso al fabbisogno minimo. Il bisogno più fondamentale di tutti gli abitanti di Gaza è la sicurezza. E ad oggi non esiste alcun luogo sicuro. Che sia nel nord o nel sud, abbiamo bisogno di sicurezza. Abbiamo bisogno che cessino le attività militari israeliane. Msf sta cercando di rispondere alle esigenze al meglio delle possibilità, che sono molto limitate".

(Foto di Medici senza frontiere: operatori umanitari di Msf a Gaza)