Di fronte a quello straziante dei morti nel Canale di Sicilia, l’associazione Amici dei Bambini (Ai.Bi.) propone un nuovo conteggio: quello delle famiglie disponibili ad accogliere un minore non accompagnato o una madre con bambini sbarcati sulle nostre coste. «Ad oggi, da Lampedusa al Nord Italia, sono 608 quelle disponibili, che però stanno ancora aspettando l’autorizzazione delle istituzioni».

Proprio così: 608. Le parole sono di Marco Griffini, presidente di Ai.Bi.

– Griffini, da dove nasce la proposta?

«Da un lato, dalle condizioni inaccettabili in cui oltre 200 minori e 600 adulti sono tenuti nel Centro di Primo Soccorso di Lampedusa: costretti a dormire su materassi sporchi, senza lenzuola né coperte, nel freddo della notte, senza il rispetto delle più elementari norme igieniche. Dall’altro, dall’appello del Papa durante la visita a Lampedusa (“Dov’è tuo fratello?”) e dopo il naufragio del 3 ottobre. Noi siamo un movimento di famiglie. Ci siamo detti: non abbiamo grandi risorse, ma ne conosciamo una molto importante, la famiglia. Abbiamo lanciato un appello per “farli sbarcare nelle nostre famiglie” a chi voglia mettere temporaneamente a disposizione una stanza o una casa: in pochi giorni è arrivato questo fiume di adesioni».

– Come funzionerà quest’accoglienza?

«Da 30 anni e in ogni parte del mondo, adottiamo un modello basato sulla costruzione di reti di accoglienza in cui lavorano fianco a fianco professionisti e famiglie, in grado quindi, integrandosi, di offrire un’accoglienza familiare ricca di relazioni affettive e allo stesso tempo qualitativamente elevata. Ovviamente le famiglie non saranno “abbandonate”, ma seguite passo dopo passo dai nostri professionisti».

– Ora come state operando?

«Stiamo incontrando una per una le famiglie che hanno dato la loro disponibilità, con visite domiciliari o in una delle nostre 15 sedi italiane. Nel frattempo, stiamo cercando di stringere accordi con i Comuni, per ora Palermo e Lampedusa, ma il dialogo con le istituzioni non è sempre facile. Proprio in questi giorni abbiamo incontrato le famiglie di Lampedusa che vogliono aprirsi all’accoglienza, dopo che don Mimmo Zambito, il nuovo parroco, ha lanciato il progetto durante la Messa. Tra l’altro, nell’isola, da anni, ci sono esperienze di affidi e accoglienze informali di minori non accompagnati, magari durante il giorno. Inoltre, accanto al progetto con le famiglie, alcune realtà ecclesiali – per esempio, delle suore a Messina – ci hanno messo a disposizione parte delle loro strutture e stiamo predisponendo delle comunità di accoglienza per 10-15 minori».
La campagna "Bambini in alto mare"
– Quali sono le difficoltà nei rapporti con le istituzioni?

«Abbiamo da tempo dato alle Prefetture la disponibilità delle nostre famiglie e delle strutture che stiamo allestendo, ma non si sa bene neanche a chi chiedere, manca un interlocutore che autorizzi. Si procede per tentativi: a parte gli accordi con i singoli Comuni, manca a livello nazionale una cabina di regia o qualche forma di coordinamento. Perché non è ancora possibile trasferire immediatamente i profughi e toglierli dalle condizioni vergognose del Centro di Primo soccorso di Lampedusa? Si preferisce forse tenerli in centri da cui non possano fuggire».

– Perché l’accoglienza familiare sarebbe un vantaggio?

«È la più efficace risposta verso i più deboli tra i migranti: i minori stranieri non accompagnati (che sono il 10-15% dei 37.450 profughi arrivati dall’inizio dell’anno) e le mamme sole. Si tratta di persone sotto shock, scappate dalle coste libiche ed egiziane dopo lunghi periodi in situazioni terribili. Un ragazzo eritreo che ha viaggiato per mesi e mesi – tre dei quali passati nascosto in un magazzino senza porte – mi ha raccontato che i suoi genitori si erano indebitati per farlo fuggire perché, a 16 anni, sarebbe stato obbligato ad arruolarsi a vita nell’esercito di un Paese in guerra. Mi ha chiesto: se tu fossi stato mio padre cosa avresti fatto?».

– Quali sarebbero i costi dell’accoglienza familiare?

«Ecco un altro vantaggio: per le casse dello Stato sarebbe completamente gratuita, non vogliamo che eventuali ragioni economiche siano ostative. Ovviamente il progetto ha dei costi e, dove necessario, le famiglie che accolgono saranno aiutate, ma ci appelliamo agli italiani con la campagna “Bambini in alto mare”. Stiamo cercando tanti sostenitori che siano pronti a regalare a questi minori “un caffè al giorno”, 85 centesimi. È questo il valore di un Sostegno senza Distanza: 25 euro al mese».