Sia: l’acronimo sta per “Sostegno per l'inclusione attiva”. Si chiama così lo strumento nazionale di contrasto alla povertà e all'esclusione sociale che il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Enrico Giovannini ha presentato stamani a Roma, commentando: «Non possiamo andare avanti così: la crisi non è come le altre e non sarà l'ultima, dobbiamo attrezzarci».

La misura – che dovrebbe raggiungere almeno il 6% delle famiglie italiane – comporterà a regime un costo di 7-8 miliardi di euro, che potrebbero contrarsi nel caso di una ripresa economica che riduca gli attuali livelli di povertà. «Ma non si tratta di un reddito di cittadinanza», ci ha tenuto a chiarire il ministro. «Se così fosse, sarebbe applicato a tutti indipendentemente dalla condizione patrimoniale e di reddito». Una scelta «irrealizzabile sul piano finanziario, che rischierebbe di non essere equo».

Il Sia avrebbe anche effetti anticiclici: «I sette miliardi sarebbero un finanziamento che va tutto a consumi, stimolerebbe la crescita e aiuterebbe a superare la paura del futuro che è l'ostacolo principale sul cammino della ripresa», ha osservato il responsabile del dicastero di via Veneto.
L'Europa ci chiede maggiori sforzi nella lotta alla povertà
Inoltre il Sostegno per l’inclusione attiva permetterà l'acquisto di un paniere di beni e servizi «ritenuto decoroso sulla base degli stili di vita prevalenti», e non sarà incondizionato: i beneficiari, inclusi gli immigrati stabilmente residenti secondo le direttive comunitarie, dovranno dimostrare di «perseguire obiettivi di inclusione sociale e lavorativa».

«La scelta di un’impostazione universalistica risponde a un principio di equità: l'uguaglianza di fronte al bisogno», ha spiegato Giovannini. E la misura rappresenta anche una risposta alle sollecitazioni dell’Ue: «L'Italia è anche oggetto di una raccomandazione specifica nell'ambito della Strategia Europa 2020: la Commissione e il Consiglio d'Europa ci chiedono maggiori sforzi nella lotta alla povertà, pur nel contesto di rigore tuttora richiesto al nostro Paese».

Nel calcolo dell'erogazione saranno determinanti anche la composizione del nucleo familiare, le differenze territoriali del costo della vita e della disponibilità di servizi collettivi. La difficile congiuntura economica, ha rimarcato il ministro,  ha messo in ginocchio il welfare familiare, che è stato l’ammortizzatore sociale per decenni ma che oggi non regge più: non possiamo più contarci».
I tempi? Non immediati
Tuttavia il Sia non sarà un provvedimento a tempo indeterminato: il suo mantenimento «dovrebbe essere assicurato fintanto che persista lo stato del bisogno. Le ragioni della temporaneità sono connesse al peso che si vuole le assegnare all'impegno manifestato dai beneficiari per migliorare la propria condizione. Questo aspetto può essere tenuto sotto controllo con una riconsiderazione periodica (per esempio ogni sei mesi) della situazione complessiva del beneficiario».

A erogare le somme sarà l’Inps, forse tramite una carta di debito, mentre a livello locale «la regia è assegnata ad un'aggregazione distrettuale dei Comuni: accesso, presa in carico, accertamenti, patto con l'utente, avvio dei percorsi di attivazione sociale, gestione della condizionalità», in sinergia con le Regioni in primo luogo, poi con i Centri per l'impiego e le scuole, le Asl e il Terzo settore.

I tempi? Non immediati: «Serve un percorso, non si fa da mattina a sera. È una proposta universalistica non immediatamente operativa. La poniamo all’attenzione del Parlamento e del dibattito pubblico. Valuteremo se e come riusciremo a inserirla nella legge di stabilità».