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Una danza per far sentire il Papa a casa. Musica africana con gli uomini in camicia bianca e cravatta che ballano a ritmo accogliendo Francesco nell’aeroporto di Nairobi. Il Papa guarda e sorride. Poi 19 chilometri di strada che lo portano nel giardino dello State House di Nairobi per la Cerimonia di benvenuto. Dopo il discorso del presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, Bergoglio parla in inglese. Ringrazia per l’accoglienza. Lui, primo Papa non europeo in Africa. E dice di quanto sia ansioso di essere in mezzo al popolo keniota, «una comunità con ricche diversità, che interpreta un ruolo significativo nella regione. La vostra esperienza nel plasmare una democrazia è condivisa in vari modi da molte altre Nazioni africane. Come il Kenya, anch’esse operano per edificare sulle solide basi del rispetto vicendevole, del dialogo e della cooperazione una società multietnica che sia realmente armoniosa, giusta e inclusiva».
Il Papa sottolinea che il Kenya è una nazione giovane e che la « gioventù è la risorsa più preziosa di ogni Paese. Proteggere i giovani, investire su di essi e offrire loro una mano è il modo migliore per poter assicurare un futuro degno della saggezza e dei valori spirituali cari ai loro anziani, valori che sono il cuore e l’anima di un popolo». Il Kenya, continua ancora il Papa «è stato benedetto non soltanto con una immensa bellezza, nelle sue montagne, nei suoi fiumi e laghi, nelle sue foreste, nelle savane e nei luoghi semi-deserti, ma anche con un’abbondanza di risorse naturali. La gente del Kenya apprezza grandemente questi tesori donati da Dio ed è conosciuta per la propria cultura della conservazione, che le rende onore».
Bergoglio torna sui temi a lui cari della difesa ambientale e del rapporto tra gli esseri umani e la natura. Parla della responsabilità di trasmettere integro il creato alle future generazioni. Parla di giusta distribuzione delle risorse umane e naturali, degli sforzi da fare per proteggere la casa comune. E del «chiaro legame tra la protezione della natura e l’edificazione di un ordine sociale giusto ed equo. Non vi può essere un rinnovamento del nostro rapporto con la natura senza un rinnovamento dell’umanità stessa», insiste citando la Laudato si’.
«Fintanto che le nostre società sperimenteranno le divisioni, siano esse etniche, religiose o economiche, tutti gli uomini e le donne di buona volontà sono chiamati a operare per la riconciliazione e la pace, per il perdono e per la guarigione dei cuori. Nell’opera di costruzione di un solido ordine democratico, di rafforzamento della coesione e dell’integrazione, della tolleranza e del rispetto per gli altri, il perseguimento del bene comune dev’essere un obiettivo primario. L’esperienza dimostra che la violenza, il conflitto e il terrorismo si alimentano con la paura, la sfiducia e la disperazione, che nascono dalla povertà e dalla frustrazione». In ultima analisi, la lotta contro questi nemici della pace e della prosperità dev’essere portata avanti da uomini e donne che, senza paura, credono nei grandi valori spirituali e politici che hanno ispirato la nascita della Nazione e ne danno coerente testimonianza».
Circa dieci minuti di discorso per ricordare che le autorità devono operare per costruire una società più giusta, mostrando «una genuina preoccupazione per i bisogni dei poveri, per le aspirazioni dei giovani e per una giusta distribuzione delle risorse umane e naturali con le quali il Creatore ha benedetto il vostro Paese». In questo il Papa assicura anche l’impegno della comunità cattolica. E poi conclude in swahili dicendo: «Mungu abariki Kenya!», «Dio benedica il Kenya».





