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La pace spiegata ai bambini. Papa Francesco mette da parte il discorso preparato e parla a braccio ai ragazzi delle scuole primarie di Roma ricevuti in aula Nervi per l'udienza preparata dalla Fondazione Fabbrica della pace. Sono 13 le domande prearate dai ragazzi e quando un bambino egiziano gli chiede «Perché le persone potenti non aiutano la scuola?» papa Francesco risponde: «Si può fare la domanda anche un po’ più grande: perché tante persone potenti non vogliono la pace? Perché vivono sulle guerre! L’industria delle armi: questo è grave! I potenti, alcuni potenti, guadagnano con la fabbrica delle armi, e vendono le armi a questo Paese che è contro quello, e poi le vendono a quello che va contro questo… E’ l’industria della morte! E guadagnano. Voi sapete, la cupidigia ci fa tanto male: la voglia di avere più, più, più denaro. Quando noi vediamo che tutto gira intorno al denaro - il sistema economico gira intorno al denaro e non intorno alla persona, all’uomo, alla donna, ma al denaro - si sacrifica tanto e si fa la guerra per difendere il denaro. E per questo tanta gente non vuole la pace. Si guadagna di più con la guerra! Si guadagnano i soldi, ma si perdono le vite, si perde la cultura, si perde l’educazione, si perdono tante cose. E’ per questo che non la vogliono. Un anziano prete che io ho conosciuto anni fa diceva questo: il diavolo entra attraverso il portafogli. Per la cupidigia. E per questo non vogliono la pace!».
Un dialogo schietto quello di Bergoglio con i bambini che si assiepano attorno a lui. A Rafael, che gli fa la domanda in spagnolo sul perché della sofferenza dei più piccoli il Papa risponde citando Dostoevskij. «E' una domanda difficile alla quale non c'è risposta. Si può soltanto alzare gli occhi al Cielo e aspettare risposte che non si trovano. Non ci sono risposte per questo», mentre invece c'è una risposta a cosa fare perché i bambini soffrano di meno: «Stargli vicino! La società cerchi di avere centri di cura, di guarigione, centri anche di aiuto palliativo perché non soffrano i bambini; sviluppi l’educazione dei bambini con malattie. Si deve lavorare tanto. A me non piace dire – per esempio – che un bambino è disabile. No! Questo bambino ha una abilità differente, un’abilità differente! Non è disabile! Tutti abbiamo abilità, tutti! Tutti hanno la capacità di darci qualcosa, di fare qualcosa».
Il Papa ricorda anche ai bambini che c'è sempre il perdono, anche per le cose brutte che si sono fatte. Anche se è una strada più difficile. Più facile è rispondere con il carcere piuttosto che aiutare chi ha sbagliato nella vita. Invece ci vuole il perdono. «E il perdono cosa significa?», spiega Bergoglio. «Sei caduto? Alzati! Io ti aiuterò ad alzarti, a reinserirti nella società. Sempre c’è il perdono e noi dobbiamo imparare a perdonare, ma così: aiutando a reinserire chi ha sbagliato. C’è una bella canzone che cantano gli Alpini. Dicono più o meno così: “Nell’arte di salire, la vittoria non sta nel non cadere, ma nel non rimanere caduto”. Tutti cadiamo, tutti sbagliamo. Ma la nostra vittoria su noi stessi e sugli altri – per noi stessi – è non rimanere ‘caduti’ e aiutare gli altri a non rimanere ‘caduti’. E questo è un lavoro molto difficile, perché è più facile scartare dalla società una persona che ha fatto uno sbaglio brutto e condannarlo a morte, chiudendolo all’ergastolo».
E ancora il Papa spiega cosa fare se qualcuno non vuole far pace con noi. «Se questa persona non vuole parlare con me, non vuole fare pace con me, ha dentro di sé, non dico odio, ma un sentimento contro di me... Rispettare! Pregare, ma mai, mai vendicarsi. Mai! Rispetto. Tu non vuoi fare la pace con me, io ho fatto tutto il possibile per farla, ma rispetto questa scelta tua. Dobbiamo imparare il rispetto. Nel lavoro artigianale di fare la pace, il rispetto per le persone è sempre, sempre al primo posto. Capito? Il rispetto!».
E, infine, il Papa torna a spiegare che la pace non è soltanto assenza di guerra, ma gioia, amicizia, passi in avanti verso la giustizia «perché non ci siano bambini affamati, perché non ci siano bambini malati che non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute… Fare tutto questo è fare la pace. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli… No, no! La vera pace è lavorare perché tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni, che hanno nella loro terra, nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società. Così si fa la pace – come ho detto – “artigianale”».
La pace legata alla giustizia. Lo fa ripetere a tutta l'aula: «Dove non c’è la giustizia, non può esserci la pace. Capito? Lo diciamo insieme, vediamo se siete bravi, mi piacerebbe ripeterlo insieme più di una volta… State attenti, è così: “Dove non c’è la giustizia, non c’è la pace!”… Tutti! Ecco. Imparate bene questo!».
Un dialogo schietto quello di Bergoglio con i bambini che si assiepano attorno a lui. A Rafael, che gli fa la domanda in spagnolo sul perché della sofferenza dei più piccoli il Papa risponde citando Dostoevskij. «E' una domanda difficile alla quale non c'è risposta. Si può soltanto alzare gli occhi al Cielo e aspettare risposte che non si trovano. Non ci sono risposte per questo», mentre invece c'è una risposta a cosa fare perché i bambini soffrano di meno: «Stargli vicino! La società cerchi di avere centri di cura, di guarigione, centri anche di aiuto palliativo perché non soffrano i bambini; sviluppi l’educazione dei bambini con malattie. Si deve lavorare tanto. A me non piace dire – per esempio – che un bambino è disabile. No! Questo bambino ha una abilità differente, un’abilità differente! Non è disabile! Tutti abbiamo abilità, tutti! Tutti hanno la capacità di darci qualcosa, di fare qualcosa».
Il Papa ricorda anche ai bambini che c'è sempre il perdono, anche per le cose brutte che si sono fatte. Anche se è una strada più difficile. Più facile è rispondere con il carcere piuttosto che aiutare chi ha sbagliato nella vita. Invece ci vuole il perdono. «E il perdono cosa significa?», spiega Bergoglio. «Sei caduto? Alzati! Io ti aiuterò ad alzarti, a reinserirti nella società. Sempre c’è il perdono e noi dobbiamo imparare a perdonare, ma così: aiutando a reinserire chi ha sbagliato. C’è una bella canzone che cantano gli Alpini. Dicono più o meno così: “Nell’arte di salire, la vittoria non sta nel non cadere, ma nel non rimanere caduto”. Tutti cadiamo, tutti sbagliamo. Ma la nostra vittoria su noi stessi e sugli altri – per noi stessi – è non rimanere ‘caduti’ e aiutare gli altri a non rimanere ‘caduti’. E questo è un lavoro molto difficile, perché è più facile scartare dalla società una persona che ha fatto uno sbaglio brutto e condannarlo a morte, chiudendolo all’ergastolo».
E ancora il Papa spiega cosa fare se qualcuno non vuole far pace con noi. «Se questa persona non vuole parlare con me, non vuole fare pace con me, ha dentro di sé, non dico odio, ma un sentimento contro di me... Rispettare! Pregare, ma mai, mai vendicarsi. Mai! Rispetto. Tu non vuoi fare la pace con me, io ho fatto tutto il possibile per farla, ma rispetto questa scelta tua. Dobbiamo imparare il rispetto. Nel lavoro artigianale di fare la pace, il rispetto per le persone è sempre, sempre al primo posto. Capito? Il rispetto!».
E, infine, il Papa torna a spiegare che la pace non è soltanto assenza di guerra, ma gioia, amicizia, passi in avanti verso la giustizia «perché non ci siano bambini affamati, perché non ci siano bambini malati che non abbiano la possibilità di essere aiutati nella salute… Fare tutto questo è fare la pace. La pace è un lavoro, non è uno stare tranquilli… No, no! La vera pace è lavorare perché tutti abbiano la soluzione ai problemi, ai bisogni, che hanno nella loro terra, nella loro patria, nella loro famiglia, nella loro società. Così si fa la pace – come ho detto – “artigianale”».
La pace legata alla giustizia. Lo fa ripetere a tutta l'aula: «Dove non c’è la giustizia, non può esserci la pace. Capito? Lo diciamo insieme, vediamo se siete bravi, mi piacerebbe ripeterlo insieme più di una volta… State attenti, è così: “Dove non c’è la giustizia, non c’è la pace!”… Tutti! Ecco. Imparate bene questo!».




