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Succede anche questo: ovvero che mentre una donna appena investita da un treno viene soccorsa – e scopriremo poi che sarà sottoposta ad amputazione per la gravità del danno subito – un giovane uomo sulla banchina opposta si mette in posizione e si scatta un selfie, con questa scena drammatica di sottofondo. Come a dire: guardatemi mentre sto vivendo un momento di drammaticità e intensità ineguagliabili.
Questa scena, che sembra tratta da una piece di teatro dell’assurdo, appartiene invece alla realtà e si è verificata alcuni giorni fa alla stazione di Piacenza. Un giornalista ha documentato il fatto di cui poi hanno parlato tutti i media.
Che cosa colpisce in questa storia? Ci sono due parole chiave che secondo me stanno alla base di fenomeni aberranti di questa natura: narcisismo e desensibilizzazione.
Il narcisismo è la percezione di assumere un valore solo nel momento in cui si è al centro della scena. E quindi, cosa fa il narcisista? Si piazza sulle scene più frequentate e attenzionate dai media e si riprende usando quella scena come il proprio palcoscenico. Si percepisce in tale modo un soggetto unico e speciale, il cui valore sta nell’essere posizionato nel luogo giusto al momento giusto. Non importa di quale scena stiamo parlando e se sullo sfondo qualcuno sta soffrendo o addirittura morendo. Ciò che conta è che io mi trovi al centro di quella scena ed abbia un pubblico che guarda anche me. Ne sanno qualcosa i giornalisti che commentano con riprese in diretta dai luoghi in cui sta succedendo qualcosa di importante. Hanno in mano un microfono, guardano le telecamere e alle loro spalle a volte compaiono i soliti “ignoti”: ovvero quei 3 o 4 personaggi che hanno costruito la narrazione di sé in pubblico rubando momenti di visibilità in questo modo, cioè disturbando riprese televisive e commenti giornalistici in diretta, mostrando cartelli o compiendo gesti osceni di fronte alla telecamera. Chiaramente, non sono persone che ricevono alcun vantaggio reale da queste comparsate che stanno a metà tra la follia e l’esibizionismo estremo. Ma è certo che nella narrazione che fanno di se stessi a se stessi, questi soggetti si raccontano attribuendosi aggettivi che li fanno sentire “unici o speciali”. Le persone di buon senso li definirebbero semplicemente dei “poveri idioti”, mentre loro si considerano delle star del piccolo schermo. E questa “apologia” del povero idiota che si scatta un selfie, riprendendosi nell’unico posto dove il pudore e il rispetto – oltre che il buon senso – ti spingerebbero a non farlo, ritorna sempre più spesso nelle cronache dei media, ma anche nelle molte immagini dei nostri “social” in cui spesso vediamo le persone – compresi parenti, amici e conoscenti – dare il peggio di sé.
Ed è qui che il narcisismo si sposa alla desensibilizzazione. Come aveva detto il grande filosofo Karl Popper nel suo saggio “TV Cattiva maestra”, il problema della nostra società è che il valore più grande viene dato a ciò che entra dentro lo schermo. Ma siccome oggi gli schermi si sono moltiplicati e in essi compare “di più e di tutto”, la conquista della visibilità avviene alzando di continuo l’asticella. Andando cioè alla ricerca costante di ciò che è al di fuori della norma e che quindi, proprio in quanto tale, cattura attenzione e genera stupore. Peccato che così facendo, ciò che oggi sembra sensazionale e quindi viene attenzionato, domani è già considerato normale e quindi deve a sua volta essere superato da qualcosa di inaspettato e di nuovamente sensazionale. Così, giorno dopo giorno, si abbattono le norme di buon senso e si alza progressivamente l’asticella che definisce il limite e il confine, oltre il quale non si dovrebbe andare. Un limite che ormai non percepiamo più, proprio a causa di quel lavoro di quotidiana desensibilizzazione che persone afflitte dal “narcisismo dell’idiota” continuano ad operare e nel quale, volenti o nolenti, ci troviamo tutti immersi. Riflettiamo sull’uso che facciamo dei nostri social e su quali norme e limiti insegniamo ai nostri figli, in questo ambito. Solo una sana autoregolazione e una buona educazione possono rappresentare un antidoto all’inciviltà imperante in cui siamo immersi.
Questa scena, che sembra tratta da una piece di teatro dell’assurdo, appartiene invece alla realtà e si è verificata alcuni giorni fa alla stazione di Piacenza. Un giornalista ha documentato il fatto di cui poi hanno parlato tutti i media.
Che cosa colpisce in questa storia? Ci sono due parole chiave che secondo me stanno alla base di fenomeni aberranti di questa natura: narcisismo e desensibilizzazione.
Il narcisismo è la percezione di assumere un valore solo nel momento in cui si è al centro della scena. E quindi, cosa fa il narcisista? Si piazza sulle scene più frequentate e attenzionate dai media e si riprende usando quella scena come il proprio palcoscenico. Si percepisce in tale modo un soggetto unico e speciale, il cui valore sta nell’essere posizionato nel luogo giusto al momento giusto. Non importa di quale scena stiamo parlando e se sullo sfondo qualcuno sta soffrendo o addirittura morendo. Ciò che conta è che io mi trovi al centro di quella scena ed abbia un pubblico che guarda anche me. Ne sanno qualcosa i giornalisti che commentano con riprese in diretta dai luoghi in cui sta succedendo qualcosa di importante. Hanno in mano un microfono, guardano le telecamere e alle loro spalle a volte compaiono i soliti “ignoti”: ovvero quei 3 o 4 personaggi che hanno costruito la narrazione di sé in pubblico rubando momenti di visibilità in questo modo, cioè disturbando riprese televisive e commenti giornalistici in diretta, mostrando cartelli o compiendo gesti osceni di fronte alla telecamera. Chiaramente, non sono persone che ricevono alcun vantaggio reale da queste comparsate che stanno a metà tra la follia e l’esibizionismo estremo. Ma è certo che nella narrazione che fanno di se stessi a se stessi, questi soggetti si raccontano attribuendosi aggettivi che li fanno sentire “unici o speciali”. Le persone di buon senso li definirebbero semplicemente dei “poveri idioti”, mentre loro si considerano delle star del piccolo schermo. E questa “apologia” del povero idiota che si scatta un selfie, riprendendosi nell’unico posto dove il pudore e il rispetto – oltre che il buon senso – ti spingerebbero a non farlo, ritorna sempre più spesso nelle cronache dei media, ma anche nelle molte immagini dei nostri “social” in cui spesso vediamo le persone – compresi parenti, amici e conoscenti – dare il peggio di sé.
Ed è qui che il narcisismo si sposa alla desensibilizzazione. Come aveva detto il grande filosofo Karl Popper nel suo saggio “TV Cattiva maestra”, il problema della nostra società è che il valore più grande viene dato a ciò che entra dentro lo schermo. Ma siccome oggi gli schermi si sono moltiplicati e in essi compare “di più e di tutto”, la conquista della visibilità avviene alzando di continuo l’asticella. Andando cioè alla ricerca costante di ciò che è al di fuori della norma e che quindi, proprio in quanto tale, cattura attenzione e genera stupore. Peccato che così facendo, ciò che oggi sembra sensazionale e quindi viene attenzionato, domani è già considerato normale e quindi deve a sua volta essere superato da qualcosa di inaspettato e di nuovamente sensazionale. Così, giorno dopo giorno, si abbattono le norme di buon senso e si alza progressivamente l’asticella che definisce il limite e il confine, oltre il quale non si dovrebbe andare. Un limite che ormai non percepiamo più, proprio a causa di quel lavoro di quotidiana desensibilizzazione che persone afflitte dal “narcisismo dell’idiota” continuano ad operare e nel quale, volenti o nolenti, ci troviamo tutti immersi. Riflettiamo sull’uso che facciamo dei nostri social e su quali norme e limiti insegniamo ai nostri figli, in questo ambito. Solo una sana autoregolazione e una buona educazione possono rappresentare un antidoto all’inciviltà imperante in cui siamo immersi.




