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giovedì 07 novembre 2024
 
Settimana per l'unità dei cristiani
 
Credere

Le monache di Grandchamp: «Nelle differenze cerchiamo l’unità»

15/01/2021  Il monastero femminile di Grandchamp, nato nell’alveo delle Chiese riformate, è un luogo dove l’ecumenismo si vive nella quotidianità: «Ci accomuna il desiderio di Dio»

Preghiera, vita comune e accoglienza: sono questi i tre pilastri su cui si fonda la comunità monastica femminile di Grandchamp. Ciò che però rende davvero speciale questo centro spirituale, posto in un angolo di paradiso terrestre vicino al lago di Neuchâtel in Svizzera, è l’aver riportato nella tradizione delle Chiese della Riforma l’esperienza della vita monastica – che Lutero aveva di fatto squalificato – grazie all’intuizione di alcune donne protestanti circa la necessità di creare uno spazio di silenzio e confronto con la Parola. A rendere particolare Grandchamp, nata all’inizio degli anni Trenta, è anche il suo Dna ecumenico: ad accompagnare il germogliare di questa comunità sono state figure del calibro di Paul Couturier, padre dell’ecumenismo spirituale e promotore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, il teologo ortodosso Pavel Evdokimov, l’anglicano Geoffrey Curtis. In questi decenni sono nati altri monasteri femminili legati alle Chiese della Riforma, ma l’esperienza di Grandchamp continua a spiccare su tutte. Non è un caso, dunque, che i testi della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che sta per iniziare (18-25 gennaio 2021) siano stati affidati proprio a questa comunità.

LA PREGHIERA CENTRO DI TUTTO

«Quando il Consiglio ecumenico delle Chiese ci ha chiesto di preparare il sussidio è stata una sorpresa totale e quando abbiamo saputo che dovevamo scrivere qualcosa per tutto il mondo ci siamo sentite un po’ sopraffatte, ma abbiamo anche capito che questo incarico era in sintonia con la nostra vocazione», dice suor Gesine, la responsabile delle novizie, che ricorda i lunghi mesi di preparazione del sussidio: «Abbiamo cercato dei testi per esprimere qual è il centro della nostra vita. Avremmo potuto insistere sui temi della giustizia sociale o della cura del creato, che ci sono anche cari, ma alla  fine abbiamo compreso che il centro è la preghiera personale e tutto deriva da lì».

Cuore della comunità, nella cappella ricavata da un vecchio fienile in legno, è l’icona della Trinità, «simbolo dell’unità nella diversità che anche noi desideriamo vivere qui»: ed è dalla preghiera di fronte a quel sacro dipinto ortodosso, divenuto patrimonio di tutte le tradizioni cristiane, che sono sgorgate le preghiere a disposizione di tutte le Chiese, e che rinfrangono, negli otto giorni previsti, l’esortazione del vangelo di Giovanni «Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto». Suor Gesine chiosa: «Non è stato facile per niente mettere insieme i contributi di ciascuna delle sorelle, ma adesso, se le rileggo, mi dico che quella è davvero la nostra comunità». A Grandchamp vivono una cinquantina di donne di dieci nazionalità diverse, e di generazioni e Chiese differenti. Suor Gesine, che ci ha accompagnato a scoprire la comunità, è tedesca e vive lì dal 2001. Alle spalle ha alcuni anni di lavoro come assistente sociale, ma anche un’intensa ricerca della sua strada per donarsi a Dio. Nel 1987 scopre Taizé, «il mio primo incontro con il mondo monastico: mi aveva molto colpito quella spiritualità e ne ero molto attirata». Poi l’arrivo a Grandchamp, che da Taizé ha mutuato la regola e l’ordine della liturgia, i dieci anni di noviziato e infine la scelta definitiva. La domanda sorge spontanea: Chiesa di appartenenza? La risposta è accompagnata da un sorriso: «Non amiamo tanto parlarne perché questo sottolinea piuttosto la differenza che l’unità che noi vogliamo vivere». Ma aggiunge, per togliere dall’imbarazzo della curiosità mal posta: «Prima di entrare in comunità sono stata molto in ricerca, mi sono avvicinata a diverse Chiese. Appartengo alla generazione cosiddetta post-confessionale»

PER VIVERE VICINO A DIO

  

Se si viene a Grandchamp, comunque, è perché si è già aperti ad altre spiritualità: oltre ai pastori della Chiesa riformata svizzera, nella quale la comunità è ufficialmente integrata, «invitiamo sacerdoti cattolici o ortodossi a guidare i ritiri; abbiamo momenti di formazione anche sulle altre tradizioni di fede». La ricerca di ciò che unisce porta con sé la necessità di «fare un po’ di lutto rispetto alla propria tradizione liturgica, perché la nostra liturgia ha elementi delle diverse tradizioni». Ma è proprio in relazione all’Eucaristia che la presenza di suore cattoliche resta difficile: «Ci sono donne cattoliche che vivono da noi per un certo periodo, ma non è ancora possibile una loro piena partecipazione». Questo limite a Grandchamp è vissuto con sofferenza: «L’unità è la nostra speranza, ma non è ancora la realtà visibile che viviamo».

CON DIO OLTRE LE DIFFERENZE

L’esperienza profonda però è «che nel mondo monastico la confessione fa un po’ meno la differenza, perché il desiderio ultimo comune a tutti è di essere vicini a Dio; le differenze si assottigliano e si scopre come le forme sono solo un modo per arrivare a Dio». La dimensione dell’internazionalità è l’altra grande ricchezza della comunità: «Sovente nel quotidiano è una sfida più grande di quella confessionale», spiega suor Gesine, «perché emerge in mille cose: nella comunicazione, nell’umorismo, nel modo di sbrigare le faccende, nel modo di essere vicini: anche il modo di esprimere la gratitudine è diverso dall’Africa alla Lettonia». Le giornate a Grandchamp sono divise in due parti: il silenzio della notte, tempo con Dio, tra la compieta e l’ufficio delle 9 al mattino, e poi dalle 9 fino a sera il tempo del lavoro e della comunione con le sorelle. Si comincia con una breve riunione per organizzare la giornata e riascoltare un passo della Regola; poi si lavora †fino all’ufficio del mezzogiorno: l’accoglienza, la cucina, il lavoro amministrativo, l’orto, la cura delle suore anziane e malate. Pranzo, un momento di solitudine e silenzio, la preghiera silenziosa per il mondo alle 15, e poi lavoro fino a cena. L’età media delle sorelle è di 65 anni, anche se ci sono 9 giovani che stanno facendo il loro cammino di noviziato. Dunque si fa un po’ fatica a coltivare l’orto, che una volta garantiva la verdura per la tavola, o a star dietro a tutti i lavori pratici legati al servizio di accoglienza da cui le suore traggono di che vivere. Una presenza importante al fianco della comunità è quella dei volontari, persone che trascorrono un periodo con la comunità, condividendone la preghiera e la ricerca e offrendo in cambio il loro lavoro. Così Grandchamp porta avanti il suo carisma di essere spazio di ritiro e silenzio, per gruppi e per singole persone che cercano «distanza dal quotidiano, in un luogo dove nessuno pretende nulla».

IL CARISMA DELL’INCONTRO

  

È l’ora della preghiera di mezzogiorno ed è venuto il momento di congedarsi. Nel cortile il grande pino dai rami vigorosi continua a crescere anche nel freddo dell’inverno, testimone di tanta vita nascosta, semplice, accogliente, spesa nella ricerca dell’unità: «Noi non facciamo niente di molto visibile o “ufficiale”», conclude suor Gesine prima di salutare. «E questo ci dà più libertà per essere aperte a tutto e può essere utile per far incontrare e dialogare persone che non si incrocerebbero altrove».

N PREGHIERA PER L’UNITÀ

La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani si celebra, come ogni anno, dal 18 al 25 gennaio. Il sussidio d’approfondimento e per la preghiera, dal titolo Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto (Giovanni 15,5-9) è curato dalle monache di Grandchamp. Si scarica dal sito: ecumenismo.chiesacattolica.it.

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