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domenica 08 settembre 2024
 
 

Viração, il vento che cambia la favela

25/07/2013  Il nome rimanda a quella leggera brezza che quando soffia cambia le cose, in meglio: c'è un'associazione che lavora da tempo nelle favelas denunciando soprusi e violenze. Ne fa parte anche Gizele de Oliveira Martins. Che esprime una paura: "Il mondo si dimenticherà presto della Rio più povera"

Gizele de Oliveira Martins.
Gizele de Oliveira Martins.

Rio de Janeiro

Non tutte sono un intreccio di odori nauseabondi, fango, miseria, degrado e violenza. Ci sono anche zone delle favelas dove le case sono in muratura e gli allacciamenti ai servizi essenziali esistono, magari funzionano a singhiozzo, ma esistono.. Ovunque, però, incombe la povertà. E i soprusi sono spesso di casa. «Prendete la favela di Marè, ad esempio, nella parte settentrionale della città, 132 mila abitanti in tutto. L'area di Mandacaru è la più allarmante, fatta com'è di tuguri costruiti con materiali di fortuna, priva di fogne, con molti bambini morsicati dai topi. Sempre a Marè, poi, c'è Morro do Timbau, l'insediamento più antico, dal momento che è sorto nei primi anni Quaranta: lì si sta meglio, le case hanno muri di mattoni. E a Marè, infine, c'è la Nuova Olanda, una serie di isolati dove si fa musica popolare, un posto trendy, mèta di tanti giovani. In ogni caso a Marè si contano appena 8 complessi scolastici, 6 solo elementari e 2 misti,elementari e medie. L'analfabetismo e l'ignoranza in genere rimangono un male diffuso nelle favelas».   

Gizele de Oliverira Martins è un punto riferimento nazionale di Viração. Il nome dell'associazione per la tutela dei diritti di chi abita nei ghetti periferici delle grandi metropoli brasiliane rimanda a una brezza leggera che quando soffia cambia le cose. Nata a San Paolo, da sei anni attiva a Rio, Viração vorrebbe allontanare una volta per sempre la cappa che opprime le favelas. «Solo a Rio sono più di mille; vi abita quasi la metà della popolazione complessiva, due milioni e mezzo su sei», spiega Gizele.  Viração soffia ma non così forte come molti vorrebbero. «Interessi economici il più delle volte inconfessabili unitamente all'arroganza di chi detiene il potere e di chi gestisce l'ordine pubblico minacciano costantemente le favelas e chi vi risiede», puntualizza Gizele. «Il 24 giugno l'irruzione delle forze di polizia nella favela di Marè ha causato 10 morti più un numero incerto di desaparecidos. Ora si sa che ghetti come quello sono snodi di malaffari d'ogni genere, a cominciare dalla droga. Ma non è mettendoli a ferro a fuoco né criminalizzando la povertà in quanto tale che si risolvono i problemi».

«La Chiesa è un aiuto costante. La pastorale delle favelas genera frutti buoni. La tradizione delle Comunità di base ha creato nuove sensibilità ponendo rimedio ad alcuni mali concreti. Il mio timore è che la voglia di investire in una nuova Rio che faccia bella figura ai Mondiali e alle Olimpiadi travolga ogni cosa. Si dice che un centinaio di favelas, nella zona orientale e in quella meridionale di Rio, abbiano il destino segnato: via, si sgombera. Vogliono buttar giù le aree fatiscenti per far sorgere palazzi, centri commerciali, parcheggi. Alla gente vengono  promessi sussidi per pagare altrove affitti equi in case dignitose, ma in tanti, troppi casi gli impegni non vengono onorati. I poveri si ritrovano così più poveri. E beffati. Ora il mondo parla di questi problemi. Ma quando la visita del Papa sarà solo un ricordo temo che tutto torni come prima».

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Nella favela di Varginha che attende il Papa
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