Intanto altra gente arrivava nella piazza e si disponeva a tergo dei presenti. Uscirono di chiesa anche il prevosto e il coadiutore don Mario, che rimasero in attesa nel pronao, passeggiando tra le colonne di serizzo con aria preoccupata.
Improvvisamente nell’aria esplose un tremendo boato, che si prolungò con alti e bassi fino a quando il Pirovano Oreste non ebbe regolato il volume dei suoi apparecchi: allora si tramutò nelle acclamazioni della folla romana in attesa della parola del duce. Il segretario politico, accorso alla finestra del municipio per vedere cosa stesse succedendo, si affrettò a questo punto a scendere in piazza e a mettersi davanti alla gente. L’annunciatore da Roma descriveva esaltato i labari, i manipoli, la folla ‘oceanica’ (termine questo che – come l’altro, ideologicamente opposto ma non meno disumanizzante, ‘le masse’ – qui dava sui nervi a più d’uno); alle descrizioni si alternavano pezzi di musiche marziali. Finalmente, acclamato da rinnovate altissime grida, si apprese che si era affacciato dal balcone di palazzo Venezia Mussolini.
Questi, ottenuto il silenzio (certo con uno dei suoi gesti risoluti), cominciò a parlare: «Combattenti di terra, di mare e dell’aria. Camicie nere della rivoluzione e delle legioni, uomini e donne d’Italia, dell’impero e del regno d’Albania, ascoltate. Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria, l’ora delle decisioni irrevocabili.» Di nuovo dagli altoparlanti si riversarono scrosciantissime grida ed acclamazioni, poi si rifece silenzio: «La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori…» un boato di esultanza interruppe il discorso: «agli ambasciatori» Mussolini riprese «di Gran Bretagna e Francia…» Interruppero di nuovo il discorso altre urla giubilanti, e acclamazioni, e fischi all’indirizzo di quelle nazioni.
Qui a Nomana nessuno vi si univa. Alfeo e tre o quattro dei suoi ci s’erano bensì provati, ma come a mezza voce, e avevano smesso subito.
Il punto era un altro, ed era che ormai non esistevano dubbi, cominciava la guerra, la più terribile delle calamità collettive del tempo moderno. Tutti quei popolani ricordavano le invocazioni dei loro preti che s’erano particolarmente raffittite nelle ultime settimane: ‘A fame, a peste, a bello, libera nos Domine. Libera nos… Libera nos.’ Il Signore non aveva accolta la preghiera, ecco. Segno che i peccati degli uomini erano cresciuti fino al punto d’impedirglielo. Da tempo don Mario lo spiegava così bene: «State attenti: è vero che Dio è amore, ma non può continuare a trattare gli uomini come bambini irresponsabili…» Chi li aveva commessi quei peccati? Dove li avevano commessi? Anche a Nomana, sì, era inutile negare: «Guardate in voi stessi, non cercate lontano» diceva don Mario, e diceva bene, appena che uno riflettesse. Così adesso non rimaneva che rimboccarsi le maniche e far fronte al guaio tremendo in cui ci si stava ficcando, un guaio nel corso del quale non pochi sarebbero stati uccisi. A quanti del paese sarebbe toccato, e a chi precisamente?
Il discorso continuava: «quarantacinque milioni di anime…» ma ormai la gente di qui lo seguiva solo per inerzia; ciò che davvero interessava lo si sapeva: il guaio aveva con certezza inizio. Mussolini concluse: «Popolo italiano corri alle armi» («Sì, sì» gridava la folla: «Sentili i romani» mormorò a mezza voce qualcuno con irritazione) «e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore.»
Finito il discorso, il segretario politico si girò verso la gente: «Mi raccomando di osservare bene le norme dell’oscuramento» disse con molto giudizio. Poi levò all’improvviso il braccio nel saluto romano: «Camerati di Nomana, saluto al duce.»
«A noi» gridarono Alfeo e alcuni altri.
«L’adunata è finita» disse il segretario, e rientrò in municipio; la folla cominciò a disperdersi.
(Da Eugenio Corti, Il cavallo rosso, Edizioni Ares, Milano 2019, parte prima, cap. 11, pagg. 40-41)
Lo scrittore Eugenio Corti (1921-2014)
L'autore
Lo scrittore Eugenio Corti (Besana in Brianza, 21 gennaio 1921 - 4 febbraio 2014) è noto soprattutto per il romanzo Il cavallo rosso, pubblicato nel maggio del 1983 e giunto alla 34ma edizione italiana. Tradotto in otto lingue (francese, spagnolo, inglese, romeno, lituano, giapponese, olandese e serbo) è un longseller che in Italia ha riscosso notevole successo negli ultimi decenni. Tra gli scritti di Corti si ricordano anche il diario di guerra I più non ritornano (1947) drammatico resoconto della ritirata di Russia durante la Seconda Guerra Mondiale alla quale l'autore ha partecipato come sottotenente d'artiglieria; il romanzo Gli ultimi soldati del re (1994) sulla guerra di liberazione dell'Italia; i racconti per immagini La terra dell'Indio (1998), L'isola del paradiso (2000) e Catone l'antico (2005); la tragedia teatrale Processo e morte di Stalin, rappresentata per la prima volta nel 1962 a Roma dalla Compagnia Stabile di Diego Fabbri, e, infine, Il Medioevo e altri racconti (2008). Accanto alla produzione letteraria, nel corso degli anni Eugenio Corti ha condotto una profonda e lucida analisi sugli avvenimenti epocali del secondo Novecento, da lui vissuti in prima persona, con grande capacità di indagine storica ed attenzione agli sviluppi della società, incoraggiando il recupero dei valori umani e spirituali venuti meno in seguito ai conflitti bellici e all'affermarsi del pensiero ideologico. I suoi saggi sono raccolti nei volumi Il fumo nel tempio (1995) e Processo e morte di Stalin (1999), comprendente anche la tragedia. Nel 2015, a cura di Alessandro Rivali, sono state pubblicate le lettere dello scrittore dal fronte russo raccolte nel volume Io ritornerò. Lettere dalla Russia (1942-1943), mentre nel dicembre 2017 è uscito Il ricordo diventa poesia. Dai Diari, 1940-1948, che contiene pagine inedite tratte dai Diari dello scrittore curate da Vanda Di Marsciano, moglie dell'autore, e dal giornalista Giovanni Santambrogio. Nel 2019, infine, sempre a cura di Vanda di Marsciano, è stato pubblicato Voglio il tuo amore. Lettere a Vanda (1947-1951), il carteggio tra Eugenio Corti e la futura moglie, all'epoca giovane studentessa, con la quale si sarebbe poi sposato il 23 maggio 1951 ad Assisi.
All'autore sono stati conferiti vari riconoscimenti, tra cui il Premio Internazionale Medaglia d'Oro al merito della Cultura Cattolica nel 2000, l'Ambrogino d'oro dal Comune di Milano nel 2007, il Premio Isimbardi dalla Provincia di Milano nel 2009 e il Premio "La Lombardia per il Lavoro" assegnato per meriti culturali dalla Regione Lombardia nel 2010.
La copertina della trentaquattresima edizione italiana de Il cavallo rosso, pubblicata dalle Edizioni Ares nel 2019
Il libro
Il cavallo rosso è il romanzo-capolavoro di Eugenio Corti. Pubblicato nel maggio del 1983, nel corso degli anni ha riscosso notevole successo in Italia e all’estero. La prima copia venne donata a papa San Giovanni Paolo II in occasione della sua visita a Milano (20-22 maggio 1983). Anni più tardi, nel 2004, un’altra copia venne donata all’allora cardinale arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, futuro papa Francesco, che ringraziò l’autore inviandogli un affettuoso biglietto scritto di suo pugno. Definito il “Guerra e pace italiano”, il libro è uno straordinario affresco del XX secolo: le vicende narrate coprono un arco di tempo che va dal 1940 al 1974 e ruotano intorno alla famiglia Riva, imprenditori tessili di Nomana, località immaginaria situata in Brianza (Lombardia). Anche se narrato in terza persona, e buona parte dei protagonisti sono personaggi di fantasia, il racconto è per la maggior parte autobiografico ed è frutto della testimonianza diretta dell’autore che ha vissuto in prima persona molti dei fatti raccontati.