“Con 45 milioni di euro, cioè coi soldi con i quali il Paris Saint
Germain ha pagato qualche giorno fa il calciatore Javier Pastore, in
Italia si sarebbero potuti adottare 2500 bambini stranieri”: è una
provocazione, certo, quella di
Marco Griffini, presidente di Aibi (la
storica associazione di famiglie adottive e affidatarie che lottano per
combattere l’abbandono minorile), ma utile a destare l’attenzione su
una emergenza umanitaria negata: quella dei minori abbandonati, che
miete vittime in ogni parte del mondo, non escluse le cosiddette potenze
economiche, se è vero che negli Stati Uniti sono 750 mila i bambini
fuori famiglia, i cosiddetti care leavers.
“L’abbandono” è il male del ventunesimo secolo, una vera forma di
schiavitù moderna che priva milioni di bambini della libertà di essere
figli. E sono i numeri a dimostrarcelo impietosamente”, denuncia il
presidente della Onlus, in occasione del convegno internazionale che
s’è svolto l’1 e il 2 agosto a Monte Colombo (Rimini). Ogni anno i
minori abbandonati crescono in modo esponenziale. Secondo le stime
diffuse da UNICEF, nel 2004 vi erano circa 145 milioni di bambini
abbandonati. Nel 2010 la cifra è salita a 163 milioni. Ciò significa
che, in media, ogni anno ci sono quattro milioni di minori abbandonati
in più.
“E in Europa, per la prima volta, si è registrato un calo delle coppie disponibili ad adottare, nonostante aumentino le coppie sterili (lo è una su quattro)”, continua Griffini. “Anche
in Italia dal 2006 le coppie disponibili all’adozione hanno iniziato a
diminuire. Se nel 2006 erano state 6.237 le famiglie pronte ad adottare,
nel 2007 sono state 5.635, nel 2009 4.377 e via così, fino alle 3.548
coppie con decreto d’idoneità del 2010”. Una delle principali cause di
questa minor disponibilità, assieme alla lunghezza delle procedure, è il
costo eccessivo necessario per portare a termine un’adozione
internazionale.
Per invertire la tendenza e rendere questo prezioso
istituto realmente accessibile al maggior numero di coppie, specie
quelle più giovani, Aibi avanza la proposta di rendere l’adozione
internazionale totalmente gratuita. “E’ una richiesta anzitutto di
giustizia ed equità: ad oggi, l’adozione internazionale è l’unico
diritto del minore per il quale occorre trovare non solo una famiglia
disposta all’accoglienza, ma anche una famiglia che paghi. Ma
soprattutto intende offrire una possibilità in più ai minori abbandonati
in attesa di famiglia”, conclude il presidente di Aibi.
E per far
questo, precisa infine l’associazione, non sarà necessario gravare
ulteriormente sulla spesa pubblica, ma operare un piano di tagli che
saranno indicati a breve dalle associazioni familiari. Nello stessa
direzione vanno altre due proposte di Aibi: l’eliminazione delle
idoneità del Tribunale per i Minori, considerata inutile e dispendiosa, e
la riduzione dell’iter di selezione delle coppie, fino ad oggi ad
esclusivo carico dei servizi pubblici, a vantaggio di una procedura più
razionale di accompagnamento e formazione pre e post adozione delle
coppie stesse, che preveda la collaborazione fra i servizi pubblici e
quelli privati degli enti autorizzati.
Da bambina “senza famiglia, senza casa e vittima senza voce” a talentuosa scrittrice di best sellers ed ambasciatrice dei diritti dei minori. Da bimba in affido, a madre affidataria. E’ la felice parabola di vita di Ashley Rhodes-Courter, ex-care leavers americana (letteralmente: coloro che hanno perso gli affetti familiari), 25 anni, nata in Florida, segni particolari: capelli rosso fuoco, sorriso contagioso e volontà di ferro. L’abbiamo incontrata a Monte Colombo (Rimini) in occasione del recente convegno internazionale di Aibi (Amici dei bambini) sull’abbandono minorile.
“Quando avevo tre anni mia madre è stata arrestata. A cinque anni sono stata affidata a mio nonno, ma dopo soli cinque mesi sono stata allontanata anche da lui, perché alcolista.
In nove anni ho cambiato due orfanotrofi e ben 14 famiglie affidatarie, in un paio delle quali ho subito abusi. All’età di nove anni mia madre ha rinunciato alla patria potestà e sono entrata in regime di adottabilità”, racconta Ashley. E finalmente, ormai dodicenne, è stata adottata. “E ciò ha rappresentato la mia salvezza. Mio fratello che non è stato adottato, è finito in carcere”, racconta Ashley.
“Il sistema di tutela dei minori negli Stati Uniti è arretrato e
confuso. Soltanto da poco tempo s’è capito che, prima di
istituzionalizzare un minore abbandonato, si deve ascoltarlo”,
dichiara la giovane americana. Così Rhodes-Courter, che vive a St.
Petersburg in Florida, ha deciso di dedicare la sua vita alla causa dei
care-leavers e a migliorare il sistema di protezione dell’infanzia nel
suo Paese. E per far ciò ha scritto il libro di memorie “Three little
words”, pubblicato nel 2008 da Simon & Schuster, che in breve è
diventato un best seller. L’autobiografia ha vinto diversi premi ed è
stata utilizzata come strumento di formazione nelle scuole. Quest’anno
l’AHA, l’American Humane Associaton (che dal 1887 è impegnata in difesa
dei diritti dei minori) ha nominato la Rhodes-Courter ambasciatrice per i
propri progetti umanitari.
Ashley, che è ormai un volto noto per la sua frequenza ai talk show americani, è diventata anche mamma affidataria: “Ho
capito nella mia terribile infanzia – spiega - che è assolutamente
necessario per un bambino trovare una figura adulta che ti stia vicino e
che ti ami. Mi piacerebbe, attraverso la mia storia, ispirare altri
ragazzi e ragazze e incoraggiare le famiglie e i responsabili politici
ad aiutare i tanti bambini abbandonati; proprio perché conosco sulla mia
pelle cosa significa sentirsi persi all’interno del sistema affido e ho
provato poi la gioia dell’accoglienza, voglio far qualcosa per gli
altri che non hanno avuto la mia stessa fortuna”.
La giovane scrittrice sottolinea infine i rischi di esclusione sociale a
cui vanno incontro i minori “fuori famiglia” dal momento in cui
raggiungono la maggiore età: “In America i bambini abbandonati, se
non adottati, si trovano, una volta maggiorenni (25 mila all’anno circa)
, ad uscire dal sistema di tutela senza alcuna prospettiva futura. Solo
il 50% si diploma e il 2% s’iscrive all’università. Più della metà
diventa un ‘senzatetto’, un disoccupato, un delinquente. E le ragazze
rimangono incinta molto presto. In California, secondo una recente
indagine, il 70 per cento della popolazione carceraria ha fatto
esperienza di abbandono familiare. Nonostante gli innumerevoli sforzi
già fatti, ne servono molti di più”, conclude Ashley: “Bisogna creare
gruppi di supporto e mutuo-aiuto, figure professionali adeguate; occorre
sviluppare un legame forte tra questi ragazzi e una famiglia del
territorio o con la comunità stessa, in modo che questi giovani abbiano
un aiuto a trovare un alloggio o un lavoro stabile”.
Che fine fa un minore “fuori famiglia”, in affido o ospite in comunità una volta raggiunta la maggiore età?
Al compimento del diciottesimo anno, dal massimo della tutela si trova a perdere tutti i diritti, con un futuro incertissimo, senza prospettive, col serio rischio di entrare nell’area della devianza.
E’ l’accusa esplicita lanciata dal mondo delle associazioni che si occupano di tutela minorile e aiuto all’infanzia abbandonata i
n occasione del convegno internazionale di Aibi, tenutosi i giorni scorsi a Monte Colombo (Rimini).
“Che accade in genere a questi neo-maggiorenni? O sono costretti
a rientrare nella famiglia d’origine, che spesso, però non ha
modificato il proprio comportamento e, perciò, presto se ne scappano
via, oppure rientrano per qualche tempo, più o meno clandestinamente,
nella comunità dalla quale provenivano, oppure finiscono in strada.
E’
assurdo chiedere a ragazzi che già hanno vissuto la relazione degli
affetti di diventare degli adulti a 18 anni e in un giorno”, afferma Monica Barbarotto, responsabile dell’Area cultura in Aibi.
Nel nostro Paese non esistono per i minori “fuori famiglia” che diventano maggiorenni forme di tutela sociale e
l’unico salvagente, concesso da un Regio Decreto risalente al 1934, è
il cosiddetto “proseguio amministrativo”, cioè quel provvedimento
speciale che ogni tanto il Tribunale dei minori può applicare per
allungare la permanenza di qualche anno nella comunità educativa di un
neo-maggiorenne “abbandonato” che non abbia ancora raggiunto un
sufficiente grado di autonomia.
“A causa dei tagli finanziari, però,
gli enti locali, coi loro servizi sociali, prendono sempre meno in
carico questi giovani e i magistrati adottano con maggiore ristrettezza
tale provvedimento. Risultato: i giovani più fragili, che non hanno
avuto la possibilità di seguire un adeguato percorso d’autonomia, si
trovano ad entrare nella società, senza alcun aiuto e spesso si
perdono”, precisa Barbarotto.
“
Ma ancor più disgraziata è la situazione dei neo-maggiorenni
stranieri in Italia a causa delle recenti direttive del ‘pacchetto
sicurezza’ (la legge 94 del 2009 che ha anche modificato i presupposti e
le garanzie di tutela per i minori stranieri non accompagnati). La
nuova normativa, infatti, richiede una presenza ufficiale in Italia da
almeno tre anni e un ‘percorso di tutela’ di due, per la conversione
del permesso di soggiorno alla maggiore età.
Per gli altri c’è solo la clandestinità»,
afferma Federico Zullo, presidente di “Agevolando”, la prima
associazione italiana formata da ex-minori in affido o
istituzionalizzati. “Così si realizza il paradosso, tutto italiano, che
dopo aver speso moltissimo per tutelare il minore straniero, arrivato
in Italia spesso dopo viaggi disumani, gli si toglie ogni diritto e lo
si caccia dal Paese”.
Di quanti giovani vivano in Italia questo disagio non esistono dati certi, né censimento alcuno
. “Ma le stime”, conclude Zullo, “ci dicono che il fenomeno coinvolge migliaia di ex-minori ‘fuori famiglia’”.
E’ possibile che proprio dei giovani che hanno vissuto l’esperienza dell’abbandono, e di un percorso di tutela “fuori famiglia” possano aiutare chi ha vissuto la stessa esperienza e ora deve affrontare la maggiore età e la necessità di diventare autonomo? Sì, e a dimostarcelo è Agevolando, l'associazione italiana nata nel 2009 dall’iniziativa di alcuni giovani che hanno
trascorso parte della loro infanzia e della loro adolescenza “fuori famiglia” (in affido o in comunità) e che, a 18 anni hanno dovuto scontrarsi con le difficoltà legate alla necessità di diventare autosufficienti. La prima associazione del genere in Italia.
"Per questo abbiamo pensato di metterci assieme per provare a fare qualcosa di più per coloro che, da soli, potrebbero rischiare di non farcela”, afferma il presidente dell’associazione
Federico Zullo, giovane veronese che nella sua preadolescenza ha conosciuto l’esperienza dell’istituzionalizzazione. “Dall’età di dieci anni ha vissuto in una comunità per minori. Ho sofferto molto ma ho anche imparato molto”. Laureato in Scienze dell’educazione, è ora responsabile di una struttura di accompagnamento per l’autonomia di giovani con percorsi “fuori famiglia” del Comune di Ferrara.
“Agevolando”, che ha sede a Bologna e Ferrara e che conta tra i soci una quindicina di ex-minori in tutela, cerca
di aiutare nelle difficoltà quotidiane chi ha seguito percorsi di
tutela da minorenne e ora si trova a non avere un lavoro, una casa, una
famiglia di supporto, e a non poter contare più sull’appoggio quotidiano
degli educatori della comunità. Come? “Offrendo un supporto,
condividendo le esperienze personali e creando una rete di soggetti e
di enti che si prendano a carico questi bisogni”, dice il presidente.
I giovani-adulti che si sono rivolti all’associazione vengono sostenuti attraverso progetti specifici.
Si offre loro l’opportunità di ottenere un’abitazione con canone
d’affitto agevolato, un lavoro attraverso una rete di imprese
“inclusive”, l'assistenza nella compilazione delle procedure
burocratiche, relative alla casa, al lavoro, ai documenti personali,
alla formazione personale e il sostegno nello studio per il
completamento delle scuole superiori o per il superamento degli esami
universitari. “tutto questo allo scopo finale di aumentare l’autostima e
rendere protagonisti attivi del proprio futuro”, conclude Zullo.www.agevolando.org