(In alto: alcuni dei relatori sul palco del Congresso di studi di Bologna delle Acli. Sullo schermo, il presidente Roberto Rossini)
“In un Paese bloccato, dove rimani quello che sei quando nasci, si rischia di perdere la speranza”. Così dice Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli, durante il discorso con cui ha chiuso il 52° Incontro nazionale di Studi di Bologna (qui la sua relazione). In Italia l'ascensore sociale si è bloccato. Si sale solo per le scale. “Proprio per questo cercheremo di dire una parola, “politica”, interpretando il segno dei tempi”.
Politica. Che significa? Forse che le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani sconfinano in un terreno che non è il loro? Niente di tutto questo. Le Acli non hanno alcuna intenzione di rinunciare alla loro laicità. Restano, secondo lo statuto del 1944, un’associazione di laici credenti che promuovono il lavoro e i lavoratori, educano ed incoraggiano alla cittadinanza attiva, difendono, proteggono e aiutano i cittadini, senza differenze o colore di pelle, come recita la Costituzione, in particolare quanti si trovano in condizione di emarginazione o a rischio di esclusione sociale.
Più semplicemente, l’attività dell’associazione mira a ridare un senso compiuto a questa parola, in un momento in cui mai il potere appare così vacuo, opportunista e trasformista. Proprio mentre sale alto il grido dei cinque milioni di poveri che abitano in questo tormentato Paese in cui la crescita economica è zero. La parola d’ordina insomma è dare l’esempio: impegnarsi per rispondere ai bisogni dei cittadini. Con “coscienza” e “competenza”. I due concetti sono alla base della missione dell’Università Cattolica di padre Gemelli, come ha spiegato nella sua provocatoria e brillante relazione, lo storico Alberto Melloni. Coscienza: quella di far parte di un progetto che affonda le sue radici nella competenza. Competenza: la piena capacità, attraverso gli strumenti delal formazione corroborata dall'esperienza sul campo, di orientarsi nei campi in cui le Acli compiono la loro missione, attraverso una rete diffusa e organizzata di circoli, servizi, imprese, progetti e organismi specifici.
“Vogliamo costruire sentimenti positivi come la speranza e la fiducia perché noi crediamo che la politica sia ancora leva di cambiamento”, ha spiegato Rossini. Sul palco di Bologna, nella giornata finale, Gianfranco Viesti si era concentrato su 5 grandi spaccature presenti nel nostro Paese che sono alla base dell’immobilità sociale: tra chi ha patrimoni e chi no; tra chi ha istruzione e chi no; tra uomini e donne; tra giovani e più maturi; tra Nord e Sud”. Di queste fratture, di questi muri sociali, devono ragionare le politiche pubbliche. Secondo la costituzionalista Tania Groppi “se viene meno la coesione sociale una democrazia pluralista e costituzionale, come quella italiana, non può sopravvivere”. Poiché “salute, mobilità e servizi fondamentali – come ha detto Fabrizio Barca – non possono essere scritti in maniera uguale per tutti i territori ma con politiche rivolte ai luoghi”. E infatti, come ha detto l’economista Stefano Zamagni, ““il compito delle imprese dovrebbe essere quello di massimizzare il valore sociale e non il profitto”.
E’ quasi un ritorno alle origini, quelle del cattolicesimo popolare nato sull’onda della Rerum Novarum di Leone XIII. Un ritorno in cui le Acli sono in piena espansione sulla linea del fronte del sociale e moltiplicano le loro attività, a cominciare dal patronato. Pur tenendo presente la stella polare della loro vocazione. Con coscienza e competenza, insomma. “Abbiamo fatto leva su tutta la nostra passione popolare”, ha concluso il presidente delle Acli, “perché a partire dal valore del lavoro si potesse contribuire ad animare la città, a ricostruire assieme a tanti altri le ragioni di una civitas veramente umana. Questo è il senso profondo del nostro movimento, del sentirsi in continuo movimento ed è ciò che chiediamo a tutti, fare civitas nei comuni, nelle province e nelle regioni. La “città” è il nostro orizzonte. In essa condividiamo la realtà che c’è e in essa cogliamo i segni di ciò che sarà”. La missione è importante: ridare fiducia e speranza in un Paese disilluso e smarrito.