«Nella mattinata di oggi è deceduto all’età di 94 anni Furio Colombo, assistito dalla moglie Alice e dalla figlia Daria». Questo il comunicato che la famiglia ha diffuso, dando notizia della scomparsa del giornalista. Valdostano, nato a Châtillon il 1° gennaio 1931, Colombo è stato uno degli uomini di punta della stampa italiana tra la seconda metà del ’900 e gli anni Duemila.
Dopo la laurea in giurisprudenza, conseguita all’Università degli Studi di Torino, scelse d’intraprendere la carriera giornalistica, muovendo i primi passi in Rai negli anni ’50, prendendo il tesserino come professionista nel 1967. Otto anni più tardi, nel 1975, firmerà per La Stampa l’ultima intervista rilasciata da Pier Paolo Pasolini prima del suo assassinio, il 2 novembre dello stesso anno.
Corrispondente dagli Stati Uniti per il quotidiano torinese, prima, e per La Repubblica, poi, di cui diventò editorialista di punta, la sua permanenza negli Usa, che hanno sempre rappresentato per Colombo un importante punto di riferimento culturale e politico, lo porterà a collaborare con una tra le più prestigiose testate americane, il New York Times, e a insegnare giornalismo presso la Columbia University di New York e l’Università della California – Berkeley. Ma è stato anche presidente di Fiat America negli anni '80 dimostrando anche qualità di manager.
Parallelamente all’attività giornalistica e manageriale, dal 1996 al 2001, Colombo si dedicò anche alla politica, sedendo tra le file del Partito Democratico della Sinistra (dal 1998 Democratici di Sinistra, ndr.) alla Camera dei Deputati durante la “stagione dell’Ulivo”, che vide susseguirsi a Palazzo Chigi tre esponenti del centrosinistra: Romano Prodi, Massimo D’Alema e Giuliano Amato.
Terminata la sua prima esperienza parlamentare, nel 2001 Furio Colombo viene nominato direttore dell’Unità, incarico che mantiene fino al 2005 prima di essere sostituito dal condirettore Antonio Padellaro. All’epoca, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci il 12 febbraio 1924 era l’organo ufficiale dei Ds e la direzione di Colombo coincise col ritorno al governo di Silvio Berlusconi, del quale fu tra i più forti oppositori. Tuttavia, non mancarono dissapori anche col gruppo dirigente dell’epoca del centrosinistra, verso cui non lesinò aspre critiche. Ciò lo indusse, nel luglio 2007, a candidarsi alla segreteria del nascente Partito Democratico, facendo leva sul forte antiberlusconismo che aveva animato la sua esperienza all’Unità e il sostegno dato al movimento dei “girotondi”, movimento d’opposizione ai due governi guidati dal Cavaliere nella legislatura 2001-2006. Ma già il 1° agosto, a causa di problemi burocratici per la presentazione di alcuni documenti in formato non originale, dovette rinunciare alla candidatura.
Alle elezioni politiche del 2008 fu eletto deputato col Pd, incarico che mantenne fino alla scadenza naturale della legislatura, nel 2013. In questa sua terza esperienza parlamentare (dal 2006 al 2008 fu senatore, sempre nelle file del centrosinistra) manifestò più volte il proprio dissenso verso alcune scelte dei democratici votando spesso contro le indicazioni del proprio gruppo parlamentare.
Nel settembre 2009 Colombo fu tra i fondatori del Fatto Quotidiano, giornale in cui ritrovò vecchi colleghi come il suo ex condirettore Antonio Padellaro, che dirigerà la nuova testata fino al 3 febbraio 2015, e Marco Travaglio, già collaboratore dell’Unità da lui diretta e successore di Padellaro alla guida del Fatto, su cui Colombo scrisse fino al 2022. A seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, il 24 febbraio di quell’anno, infatti, il direttore Travaglio avviò una collaborazione col professor Alessandro Orsini, criticato da Colombo per alcune prese di posizione sulla guerra scatenata dai russi e sul ruolo ricoperto dalla Nato. Dopo un botta e risposta col direttore, nel maggio 2022 Colombo si congedò dal Fatto per passare come editorialista a La Repubblica.