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giovedì 05 dicembre 2024
 
il ricordo
 

Addio Adele Corradi, la prof che aiutava don Lorenzo Milani a Barbiana

23/11/2024  A quasi cento anni se n'è andata una grande testimone dell'esperienza milaniana che ha collaborato quotidianamente con la scuola del Priore negli ultimi anni proseguendola per qualche tempo alla sua morte. Il suo sguardo è stato unico e importantissimo

Anche se da anni il cuore bislacco, e ormai pressoché centenario, la teneva a vivere nel chiuso della sua stanza, in quella stanza Adele Corradi non è mai stata chiusa. Alla domanda come stai, appena poteva rispondeva: “Bene, perché sono viva e vivere mi piace”. Rimpiangeva ovviamente il tempo in cui ancora ben oltre i 90 si concedeva il lusso di guidare e di viaggiare, ma neppure per un istante aveva perso la prospettiva verso il futuro. Si sorrideva di ammirazione e di ironia prendendola bonariamente in giro quando a 99 anni si lamentava e si scusava: “Sono imbranata con questo coso”. Il "coso" era lo smartphone con il quale sfiorando i 100 che avrebbe compiuto il 9 dicembre dialogava a distanza a messaggi whatsapp. Con la metà dei suoi anni avremmo voluto metà della sua voglia di non smettere mai di imparare. Aveva superato i 95 quando rispondeva così: “Quanto alla mia salute è sempre buona quando sono con gli amici perché il cuore ha questo di buono, ti dà l’illusione di star bene finché a un tratto non ti fa star male e nello stesso tempo, rendendoti consapevole della precarietà del tuo star bene, ti toglie l’illusione di essere immortale. Normalmente infatti si vive sapendo di essere mortali senza però ricordarcene mai”.

Fino a stamattina, quando un amico comune ha comunicato la notizia della sua scomparsa, ci siamo probabilmente illusi anche noi che Adele Corradi con la sua mente pronta, con la sua ironia, con la sua voglia di vita caparbia fosse immortale. Di immortale ci lascerà la sua testimonianza, la sua finestra sul mondo di don Lorenzo Milani con cui aveva condiviso gli ultimi anni di lavoro a Barbiana. Insegnante di lettere alla scuola media, era andata a conoscere il priore di Barbiana e si era fermata ad aiutarlo, affittando una stanza vicino a quella pieve lontana da tutto sui monti del Mugello e facendosi trasferire a Borgo San Lorenzo, la media più vicina, per poter andare il pomeriggio a dare una mano alla scuola del priore, con il latino soprattutto.

La lunga consuetudine quotidiana con Milani e la sua scuola l’ha resa una delle testimoni più importanti e lucide della personalità del priore e del suo metodo, anche perché lei era forse l’unica persona adulta che, avendo con quella scuola una frequentazione quotidiana, poteva misurarvisi alla pari, con uno sguardo già formato, non condizionato dalla soggezione dell’allievo davanti al carisma del maestro. Quando raccontava di Lorenzo Milani non ne usciva mai un santino: il suo sguardo su di lui era disincantato, lucido, ammirato ma “adulto”.

Per chi scrive, la consuetudine con lei è stata decisiva per cogliere un aspetto di Lorenzo Milani, fondamentale per capirlo: l’ironia paradossale del priore. Diceva Adele: “Se fosse stato burbero e noioso come quello del film con Castellitto non avrei resistito una settimana lassù”. C’è un rischio ricorrente nel leggere Lorenzo Milani dopo di lui: il suo scrivere rischia di passare per lapidario, quasi che l'autore dispensasse sentenze scolpite nella pietra. Parlare con Adele in questo era una rivelazione: smontava quelle frasi facendoti notare l’inciso ironico, il gusto per lo scarto paradossale, restituendoti un uomo diverso, più umano, più autentico, più padre e meno maestro, soprattutto quando raccontava dei momenti in cui a sera la scuola si svuotava e restava una specie di famiglia: don Lorenzo, Michele e Franco Gesualdi, i due ragazzi cresciuti in casa sua, Eda Pelagatti, più che “perpetua” come si diceva allora in omaggio a Manzoni, sorella maggiore, salita a Barbiana con la madre Giulia "la nonna" e don Milani nel 1954. Adele, fermandosi a cena, poteva vedere quell’atmosfera domestica e confrontandosi con lei si riusciva a capire la ragione di tanti malintesi e a smontarli.

Non c’era vera confidenza con il priore, ma una solida reciproca stima, che non impediva elementi di dissenso. Una volta mi disse: “Credo che non mi abbia mai neppure stretto la mano, né detto grazie nel senso proprio del termine. Ma sono rimasta lassù, per qualche tempo anche dopo di lui, perché quando ci sono arrivata ragionavo come la professoressa della Lettera, pensavo fosse giustizia far parti eguali tra diseguali, lassù ho capito che non era vero”. Senza di lei questo sguardo si perderà. È rimasto nel suo unico libro: Non so se don Lorenzo (Feltrinelli) e nelle Duecento lettere (EDB - Edizioni Dehoniane) che ha selezionato con padre José Luis Corzo e Federico Ruozzi in occasione del centenario milaniano nel 2023, la sua ultima fatica. Raccontava di averle scelte tra le tante perché venisse fuori la personalità di lui come lo aveva conosciuto. 

Questo suo punto di vista mancherà molto a chiunque si accinga a studiare don Lorenzo Milani di qui in poi, in questo senso la scomparsa di Adele Corradi è una perdita oggettiva per la storia. Ma è anche una perdita soggettiva per chi ha avuto la fortuna di conoscerla e di conservare un filo diretto con lei, perché sarà una grande nostalgia non poter più contare sulla lezione di vita di chi sulla soglia del secolo vissuto sceglieva sempre di scommettere sui giorni buoni, per quanto sempre più rari. L’ultimo di quei giorni buoni nel quale è stato possibile improvvisare un incontro, tra gli acciacchi, nella sua casa fiorentina oltre l’Arno, la trovammo nella stanza che era ormai il suo mondo: il portatile sul letto, per tenersi via mail in contatto con il mondo, tra le mani una copia dei Miserabili. In francese. E il sorriso di sempre, pronto a tramutarsi repentinamente in una risata. La stessa che forse sta riecheggiando in queste ore dalle parti del paradiso.

 
 
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