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giovedì 12 giugno 2025
 
il commento dell'esperto
 

Adolescence: una serie TV per riflettere sulla fragilità di genitori e figli

25/03/2025  La serie mette a fuoco la necessità di una paternità rinnovata. E più in generale, di una genitorialità rinnovata. Forse il problema principale è che noi adulti abbiamo perso di vista il nostro ruolo di adulti. “Adolescence” ti turba come raramente accade. Ma è un turbamento che fa riflettere... (di Alberto Pellai)

“Mi dispiace ragazzo. Avrei potuto fare di meglio”. È questa la frase che chiude la serie “Adolescence”, composta di 4 episodi, che in questo periodo ha fatto molto discutere. L’uomo che pronuncia questa frase è il padre di Jamie, un preadolescente incarcerato perché accusato di aver ucciso una compagna di scuola. La serie mette a fuoco la necessità di una paternità rinnovata. E più in generale, di una genitorialità rinnovata. La storia ci mostra un padre confuso, che è stato un figlio confuso e che diventa padre portando nella relazione con suo figlio Jamie i propri bisogni irrisolti. “Adolescence” mette in scena tutta la fatica della genitorialità contemporanea, allontanatasi dal modello delle generazioni precedenti, ma incapace di generarne uno nuovo, capace di sostenere la crescita in un tempo che della crescita non ha alcuna cura.

Si vedono ragazzi affamati di validazione attraverso la modalità ingannevole della comunicazione proposta dai social media. I preadolescenti vengono raccontati come soggetti narcisisticamente fragili alla ricerca di un rispecchiamento esterno che dia loro valore e che confermi precocemente un’identità che non può darsi il tempo di attendere la maturità piena per definirsi. Si ha la percezione che il dramma di Jamie non sia solo suo, ma di un’intera generazione, costretta a fare tutto troppo presto e cresciuta da adulti confusi che non hanno saputo trovare la bussola per orientare il proprio progetto educativo in un tempo abitato dal disorientamento collettivo. C’è un vuoto etico, c’è una mancanza di empatia che trasforma il tempo della vita in un tempo di conflitto dove invece che allearsi, ci si trova ad essere tutti contro tutti. Credo che questa serie faccia tanto parlare, perché obbliga noi adulti a riflettere partendo dalla domanda “Dove ci siamo persi?”.

Il film non dà una risposta semplice, perché mostra una complessità di fattori alla radice di quel senso di confusione oggi pandemico, portandoci a empatizzare con il padre di Jamie, quando nella scena finale, piange lacrime di dolore a fianco dell’orsacchiotto di suo figlio. Quel figlio che ha dormito avendo un orsacchiotto appoggiato sul cuscino del letto la notte prima dell’alba in cui è stato prelevato e portato in carcere per omicidio. Dormire stringendo un orsacchiotto, dopo aver ucciso una coetanea a coltellate: il paradosso della crescita oggi sta tutto in questa contraddizione. Figli ancora piccolissimi che fanno le peggio cose del mondo adulto. Mentre noi genitori, confusi e disorientati, li perdiamo di vista. E’ proprio questo ciò che dichiara il papà: “Il problema è che ho perso di vista mio figlio”. Ma forse il problema principale è che noi adulti abbiamo perso di vista il nostro ruolo di adulti. “Adolescence” ti turba come raramente accade. Ma è un turbamento che fa riflettere...

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