Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 21 maggio 2025
 
una vittoria di tutti
 

Ambrogino d'oro al Sant'Ambroeus: «La nostra partita fuori e dentro il campo»

06/12/2024  La squadra di calcio dilettantistica milanese il 7 dicembre riceve l’attestato di Civica benemerenza agli Ambrogini d’Oro 2025 perché da sei anni dà, attraverso il pallone, una possibilità di vita più stabile a rifugiati e richiedenti d’asilo

«La nostra è una continua partita dentro e fuori dal campo e questo premio è come aver segnato un piccolo gol. Ci fa molto piacere, è segno che avevamo ragione noi a voler creare tutto ciò. Ma sappiamo che la strada verso la vittoria è ancora lunga». Utilizza un’inevitabile, ma calzante metafora calcistica Gian Marco Duina, -co-fondatore, dirigente e giocatore del St. Ambroeus Fc- la squadra di calcio dilettantistica milanese, che il 7 dicembre riceve l’Attestato di Civica benemerenza agli Ambrogini d’Oro 2025. Ma cosa ha portato questo piccolo club sportivo a ricevere una delle massime onorificenze milanesi? Il motivo è che il St. Ambroues non è una semplice società di calcio. È una realtà finanziariamente autogestita e nata a marzo 2018 - «anche se poi visto il nostro nome abbiamo deciso di fissare il 7 dicembre come giorno del nostro compleanno», specifica Duina - con l’obiettivo di dare attraverso il pallone una possibilità di vita più stabile a rifugiati e richiedenti d’asilo. E ad aiutarli a trovare una casa o a ottenere il permesso di soggiorno. In 6 anni sono passati al St. Ambroeus oltre 520 ragazzi provenienti da 20 paesi e 4 continenti diversi. 

«Noi ci sentiamo dalla parte giusta della storia. Le nostre vittorie vanno oltre al campo. Molti ragazzi grazie al calcio hanno trovato un posto dove stare e hanno potuto vivere un momento bello a Milano, prima magari di andarsene altrove per tanti motivi. I flussi migratori sono fenomeni sociali inevitabili e vanno facilitati. Non bisogna mai mettere muri», sottolinea Duina con orgoglio. Duina è appunto uno dei co-fondatori del club, attualmente guidato dal presidente Jonathan Misrachi. Lui c’è dal giorno uno dell’inizio di questa avventura basata sull’inclusione e sull’accoglienza. Un percorso nato e portato avanti in un periodo dove, giorno dopo giorno, la solidarietà non sembra più essere un fattore prioritario. «Per noi il calcio è un simbolo universale di accoglienza. Inizialmente eravamo formati solo da migranti. Oggi abbiamo 4 squadre (Terza Categoria e Under 19 Figc, Csi Open al maschile e una squadra femminile nel Csi Open B, ndr). I migranti non costituiscono più il 100% del club, ma questo vuol dire che non siamo rimasti isolati. Siamo riusciti ad accogliere anche tanti milanesi e italiani, che hanno visto nel nostro progetto un nuovo modo di fare sport. Il nostro primo presidente era gambiano ma si sentiva milanese, come dovrebbe essere per chiunque vive a Milano. Tutti coloro con cui lavoriamo per noi sono i nuovi milanesi e questo deve diventare la normalità».

Ovviamente non sono mancate le critiche al progetto e le difficoltà da affrontare restano numerose: «All’inizio abbiamo ricevuto tanta ostilità soprattutto sui social, da persone che non ci conoscevano. Poi chi ha visto come lavoriamo ci ha manifestato rispetto e solidarietà» prosegue il dirigente del St. Ambroues. «Anche le istituzioni non sempre sono perfetti compagni di squadra. Alcuni giocatori non hanno i documenti adatti e la Federazione ne impedisce il tesseramento. Abbiamo difficoltà anche con gli spazi pubblici dove poter giocare. Il nostro campo (Fair Play Arena di Via Bechi, quartiere Gorla, ndr) ci è dato solo in concessione dal Comune di Milano. Abbiamo sfide quotidiane da affrontare anche a livello di gestione dei costi. Ecco perchè dico che la partita è ancora lunga». 

Il St. Ambroues oltre all’accoglienza di rifugiati e richiedenti d’asilo si occupa da sempre anche di creare iniziative sociali all’interno del proprio quartiere. Tra gli ultimi progetti c’è quello chiamato Se sta mai con i man in man: una consegna di vestiti e beni di prima necessità ai senza fissa dimora costretti a vivere al freddo. A gestire questo tipo di iniziative è l'Armata Pirata 161, il particolare gruppo di tifosi della società meneghina che ogni domenica si schiera numeroso per sostenere i propri ragazzi. 

A spiegare meglio le dinamiche di questo ambiente è Matteo Cimbal, co-fondatore del gruppo di tifo e attualmente anche dirigente del club. Un doppio ruolo ben differente e solitamente poco usuale nel mondo del calcio. «Il tifoso-dirigente è modello necessario per poter parlare di calcio popolare. Ci hanno proposto ormai da diversi decenni un calcio che vede distanza tra chi ama i colori di una maglia e chi prende decisioni per essa. Ci hanno insegnato che c’è anche una differenza culturale e intellettuale tra questi ruoli. Noi abbiamo dimostrato che non è così. In 6 anni abbiamo organizzato la parte tecnico-sportiva e la parte sociale/politica. Abbiamo imparato a fare i tesseramenti, a tenere conto dei bilanci, a gestire un campo sportivo con altre società, a superare i problemi» racconta Cimbal. «Non è stato facile, ma il modo grazie a cui ce l’abbiamo fatta è stato proprio quello di non delegare alla figura dei burocrati la gestione del tutto. Ogni sfumatura del nostro progetto arriva da uno sforzo collettivo e avendo oggi una tifoseria molto numerosa è anche semplice capire l’apporto che tante di quelle teste possono dare alla nostra società. Non ce l’avremmo fatta senza creare questo modello ibrido».

Cimbal poi chiude, provando a spiegare l’essenza dell’essere tifoso di una squadra popolare: «Essere parte del St.Ambroeus significa essere parte di un progetto collettivo. Se una persona ha solo voglia di andare allo stadio a bersi le birre ci sono partite molto più interessanti e tecnicamente stimolanti delle nostre. Da noi si sostiene l’idea St.Ambroeus e per fare ciò non bastano novanta minuti alla settimana. Serve molto, molto, più impegno». 

WhatsApp logo
Segui il nostro canale WhatsApp
Notizie di valore, nessuno spam.
ISCRIVITI
Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo