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lunedì 07 ottobre 2024
 
l'analisi
 

Andrea Riccardi: «Fermiamo la guerra e costruiamo un nuovo ordine mondiale»

02/03/2022  «Il mondo globale ha bisogno di un’architettura sul modello di quanto fatto con l’accordo di Helsinki del 1975, che ha portato all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce)». Una sintesi della riflessione pubblicata sul numero di Famiglia Cristiana in edicola da giovedì 3 marzo

«Il mondo globale ha bisogno di un’architettura sul modello di quanto fatto con l’accordo di Helsinki del 1975, che ha portato all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Un mondo globale e disarticolato, con intese a geometrie variabili, è sempre più pericoloso. E il pericolo riguarda tutti. Si fermi la guerra in Ucraina e si cominci a costruire un ordine adeguato alle sfide del mondo».

 

Lo storico ed ex ministro  Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, interviene sulla guerra in corso tra Russia e Ucraina. Lo fa con un editoriale che Famiglia Cristiana pubblica nel numero da domani in edicola.  «È avvenuto quello che era minacciosamente all’orizzonte: la guerra, la più grande in Europa dal 1945 perché, sì, ci sono state le guerre dei Balcani, ma questo conflitto ha come attore una superpotenza, la Federazione Russa. Quando si comincia una guerra, non si sa mai quanto duri e quanti Paesi coinvolga. Infatti sfugge di mano a chi l’ha voluta e ha una logica in parte non controllabile».

«Si deve fare qualcosa», ammonisce Riccardi, «perché i combattimenti possono durare a lungo. Da quanto continuano quelli in Siria? Capisco che può sembrare un’utopia, in questo momento, ma si deve auspicare il “cessate il fuoco”, per fermare lo spargimento di sangue. E poi si deve aprire un dialogo. Perché solo dal dialogo può venire un nuovo e soddisfacente rapporto tra Russia e Ucraina. Ma il tutto va inquadrato in una relazione diversa, cooperativa, tra Occidente e Russia. Il mondo globale ha bisogno di un’architettura di dialogo perché troppe questioni e tanti legami spingono a una cooperazione integrata. E, d’altra parte, per i tanti attori, si corre il rischio di conflitto, quasi più che nel tempo della guerra fredda». 

 

 

 
 
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