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mercoledì 19 marzo 2025
 
 

Anziani: vitali, in forma, salutisti. E altruisti

17/12/2013  “Gli anziani, una risorsa per il Paese”. Questo il titolo del rapporto Censis sulla cosiddetta “terza età”. Che lo è sempre meno.

Gli anziani? «Sono tanti, in buona forma, vitali e si dedicano agli altri: un patrimonio di competenza ed esperienza al servizio della collettività». Lo dice il Censis nella ricerca “Gli anziani, una risorsa per il Paese”, realizzata per Anla (Associazione Nazionale Seniores d’Azienda).

Nel 2015, tra poco più di un anno, il numero della popolazione sopra i 65 anni coinciderà in pieno con quello della popolazione giovane tra i 15 e i 34 anni (escludendo quindi adolescenti e i bambini!), pari a circa 12 milioni e mezzo di persone. Il rapporto parla di «neo-vitalismo» come aspetto che caratterizza oggi gli stili di vita degli anziani e sottolinea come la cura di se stessi e l’attenzione alla propria condizione psico-fisica stia contribuendo al miglioramento delle loro condizioni di salute, un’attenzione che si esprime in una serie di scelte e comportamenti nella vita quotidiana.

Rispetto al 2002 sono raddoppiati gli anziani che si tengono in forma camminando o facendo attività sportiva all’aperto (praticata dal 53,9%), che prestano attenzione alla qualità biologica del cibo (31,5%) e alla salubrità della dieta quotidiana (23,2%). Circa un terzo degli anziani (30,3%) cerca di trascorrere brevi periodi di vacanza nel corso dell’anno, oltre a quelli legati alla pausa estiva. Il 14,3% frequenta abitualmente palestre e piscine. Il 9,7% si concede almeno una volta all’anno le cure termali. Il 4,4% si sottopone abitualmente a cure estetiche, con sedute di abbronzatura, massaggi per il corpo e per il viso.

Dai centri Caritas delle parrocchie ai doposcuola, l’impegno nel volontariato è un’attività molto diffusa tra gli anziani, che li rende un pilastro dell’altruismo sociale. Lo scorso anno, sono stati 969 mila, vale a dire il 7% della popolazione sopra i 65 anni, quelli che hanno svolto attività gratuita di volontariato o partecipato a riunioni nell’ambito delle organizzazioni. Una quota in costante crescita, considerato che rispetto al 2007, mentre il numero dei volontari in Italia è aumentato del 5,7%, tra gli anziani si è registrato un incremento del 24,2% (pari a circa 200 mila persone), a testimonianza del ruolo sempre più attivo che questi stanno assumendo nella società.

Nel mondo del lavoro, la sfida è passare dal fossato al ponte generazionale. Dal 2007 al 2012, mentre il numero dei giovani occupati di 15-34 anni è crollato di quasi 1 milione e mezzo di posti di lavoro (-20%), i lavoratori con più di 55 anni sono quasi 800 mila in più (+24,5%). Si legge nel rapporto: «La competenza e l’esperienza dell’anziano può essere messa al servizio della collettività. Il 68,8% dei titolari di grandi aziende preferisce gli anziani rispetto ai giovani quando si tratta di competenze gestionali e organizzative, del riconoscimento nei valori aziendali (58,8%), delle competenze specialistiche (51,5%), della capacità di leadership (52,1%)». Al contrario, i punti di forza dei giovani sono invece l’orientamento all’innovazione (84,5%), la capacità di lavorare in gruppo (71,4%) e una maggiore produttività (61,2%).

Quasi la metà degli over 60 contribuiscono economicamente alla vita di figli e nipoti

Tuttavia, il noto problema della disoccupazione giovanile porta alla «polarizzazione generazionale della ricchezza»: per la prima volta dal Dopoguerra, la nuova generazione sembra perdere le conquiste di quelle precedenti. Infatti, il divario tra le generazioni in termini di accesso al lavoro, di reddito, di risparmi e consumi non è mai stato così ampio.

Importante è il contributo degli anziani alla vita familiare. La percentuale di nonni che si occupano direttamente dei nipoti scende dal 35,8% del 2007 al 22,5%, e si contrae dal 17,5% al 9,7% la quota di anziani che si rendono disponibili per il disbrigo di mansioni in casa o di pratiche burocratiche. Al contrario, aumenta 31,9% del 2004 al 47,9% la quota di over 60 che contribuiscono con un aiuto economico diretto alla vita di figli e/o nipoti. È un dato su cui riflettere: dimostra che la famiglia è spesso il primo ammortizzatore sociale ad aiutare i giovani. E sono per lo più anziane le famiglie che detengono consistenti patrimoni, quote rilevanti di reddito, e sono poco o per nulla indebitate. Se all’inizio degli anni ’90 i nuclei con capofamiglia di età inferiore a 35 anni detenevano il 17,1% della ricchezza totale delle famiglie e le generazioni immediatamente precedenti il 19,6%, negli ultimi vent’anni la loro quota è scesa significativamente: al 5,2% per le prime e al 16% per le seconde.

Nel frattempo è aumentata la quota di ricchezza detenuta dalle famiglie più anziane, con capofamiglia ultrasessantacinquenne, passata dal 19,2% al 32,7%. Questo deficit di opportunità può portare all’impasse dei giovani: «Rispetto ai coetanei europei – scrive il Censis – i giovani italiani mostrano la tendenza a procrastinare sempre di più il momento delle scelte, della responsabilità e della maturità. Il ritardo che caratterizza l’uscita da casa degli italiani rispetto è stato aggravato dalla crisi. La quota di 15-34enni celibi e nubili che vivono in casa con i genitori è cresciuta ulteriormente, arrivando al 61%».

Secondo il rapporto, un altro dato preoccupante: la crescita esponenziale del fenomeno dei neet, giovani che rinunciano a qualsiasi tipo di impegno, che sia lo studio, il lavoro o la ricerca di un impiego. Dei circa 6 milioni 85 mila italiani di 15-24 anni, il 59,1% si trova inserito in un percorso formativo, il 18,6% ha un lavoro, il 10,1% lo sta cercando, mentre il 12,2% non fa nessuna di queste cose.

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