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È passata forse troppo sotto silenzio una delle misure economiche proposte dalla nuova amministrazione Biden, che prevede anche un intervento a sostegno dei figli, che aumenta la detrazione fiscale per ogni figlio a 300$ mensili per i figli fino a 6 anni (3.600$ all’anno) e a 250$ mensili per i figli fino a 17 anni (3.000$ annui) - oggi tale detrazione ammonta a 2.000$ annui. Questo aumento sarebbe per un solo anno, ma i relatori della legge hanno ipotizzato che possa diventare permanente, e sarebbe comunque erogato secondo limiti di reddito commisurati a diverse tipologie familiari. Questa proposta riprende in parte la piattaforma elettorale di uno dei candidati democratici alle ultime primarie presidenziali dei democratici, il Senatore del Colorado Michael Bennet, che l’aveva presentata con il nome di American Family Act al Congresso nel 2019 (con scarse probabilità di approvazione, vista la maggioranza repubblicana in Senato).
Ma ancora più interessante è verificare che il repubblicano Mitt Romney, senatore dell’Utah (già candidato alle presidenziali del 2012, sconfitto nella rielezione di Barak Obama), ha proposto all’inizio di febbraio 2021 il Family Security Act, che di fatto ingloba e supera entrambe queste proposte democratiche, proponendo un assegno mensile di 350$ per ogni figlio sotto i 6 anni, e di 300$ dollari mensili fino ai 17 anni. La proposta Romney del Family Security Act si distingue prima di tutto perché introduce uno strumento permanente (contrariamente alla proposta Biden, introdotta solo per un anno); inoltre è decisamente più consistente, per entrambe le fasce di età (4.200$ annui per i più piccoli, 3.600$ fino a 17 anni). Infine – elemento ambivalente – per il suo finanziamento (il cui costo annuo ammonterebbe a 266 miliardi di dollari) verrebbe riorganizzato l’intero sistema di sostegno economico alle famiglie con figli, riassorbendo anche le attuali politiche locali e dei singoli stati (ad oggi poco più di 25 miliardi di dollari). Il costo aggiuntivo stimato della proposta Biden è invece di 120 miliardi di dollari.
È evidente che ci sono moltissimi punti di contatto con il dibattito in corso oggi nel nostro Paese rispetto alla proposta dell’assegno unico per i figli, che dovrebbe partire dal 1 luglio 2021. Ricordiamo qui i più rilevanti.
In primo luogo tutte le proposte USA sottolineano che queste misure hanno come primo e più importante effetto l’uscita dalla povertà di milioni di famiglie, e soprattutto di bambini poveri: sia per la proposta Biden che per quella Romney si stima di far uscire dalla povertà un terzo dei bambini oggi poveri, favorendo in modo selettivo i gruppi sociali più svantaggiati (neri e ispanici, come ha ricordato lo stesso Biden). Sarebbe importante introdurre con forza anche nel dibattito italiano questo criterio, perché l’assegno unico non è solo un intervento di equità fiscale familiare, ma è anche – a maggior ragione in questi mesi – un potente strumento di contrasto alla povertà nel suo complesso, con in più la capacità di concentrare le risorse proprio sulle famiglie con figli minori, proteggendo così concretamente i bambini.
In secondo luogo tutte le proposte USA ipotizzano modulazioni o limiti secondo il criterio reddituale, però con limiti decisamente più alti rispetto alla gestione ISEE del nostro Paese: ad esempio nella proposta Romney la soglia annua è di 200.000$ (!) per le dichiarazioni individuali, e 400.000$ per le dichiarazioni congiunte. In tal modo si sostiene anche il ceto medio, che nella pandemia è stato particolarmente colpito. Anche su questo punto servirebbe una maggiore attenzione, nel nostro Paese, perché “far quadrare i conti” sull’assegno unico non può significare ridurre il più possibile i limiti ISEE, ma ridefinire quanto sia strategico l’investimento sociale oggi necessario sulle famiglie con figli. Se troppi assegni unici saranno di entità limitata, la misura risulterà sbagliata, e non sarà in grado di raggiungere i propri obiettivi, né tantomeno di proteggere dalla povertà.
In terzo luogo si nota anche negli USA (soprattutto nella proposta Romney) l’esigenza di fare ordine in sistemi troppo complessi ed eterogenei, disarticolati su livelli territoriali e con misure eterogenee. In questo senso l’assegno unico prevede una necessaria e pressoché totale riorganizzazione (e cancellazione) di tutte le misure oggi presenti – il che però suggerisce particolare cautela, perché non sarà semplice riorganizzare in modo equo i benefici, mantenendo per tutti gli stessi gradi di copertura oggi esistenti, impegno peraltro più volte ribadito pubblicamente - infatti la “clausola di salvaguardia”, che dovrebbe garantire i cittadini, non è per ora presente nei testi normativi.
Da ultimo, è decisiva la dimensione strutturale, non episodica, di questa misura (e su questo la proposta Biden si limita all’annualità di emergenza, mentre quella Romney è già costruita come misura permanente). Inoltre spicca la natura bi-partisan delle misure qui analizzate; sia democratici che repubblicani sono convinti che proteggere le famiglie con figli sia decisivo, come strumento di rilancio dell’economia e di protezione dalla povertà. Anche nel nostro Paese, in effetti, l’assegno unico per i figli (e in parallelo il Family Act, come legge quadro) si configura oggi come misura permanente, stabile, condivisa da tutti partiti, e che quindi potrebbe superare anche le prossime convulsioni del sistema partitico, e le possibili nuove maggioranze dei prossimi anni. Le giovani famiglie hanno bisogno di certezze, sul sostegno che potranno ricevere nei prossimi anni a fronte della nascita di un figlio. Occorre cioè proteggere le politiche familiari e per i figli dall’effetto “tela di Penelope”, troppo spesso attivo nel nostro Paese, per cui un nuovo governo prima di tutto disfa quello che ha fatto il Governo precedente. Perché per una famiglia tirare su un figlio significa progettare almeno i prossimi 20-25 anni, ed è quindi necessario poter fare affidamento su sostegni stabili, certi, non esposti alle turbolenze delle campagne elettorali. Sarebbe l’ennesimo tradimento della politica ai danni dei giovani, delle famiglie, delle nuove generazioni: in ultima analisi, ai danni del Paese.
* direttore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia).





