Maria Beatrice di Savoia.
(Nella foto di copertina: Benito Mussolini, in tenuta da capitano, e Maria José, in abito bianco, durante la festa dell'Ala all'aerodromo di Roma, nel 1930).
«La calunnia uccide, ripete spesso papa Francesco. E fa ancora più male se colpisce persone defunte che non possono neppure difendersi». Inizia così la lettera aperta di «figlie e donne ferite» Maria Gabriella e Maria Beatrice di Savoia affidata al settimanale Famiglia Cristiana, sulle «illazioni e volgarità pesanti sulla figura di nostra madre Maria Josè di Savoia, ultima regina d’Italia, di cui abbiamo ricordato lo scorso 27 gennaio i 20 anni dalla scomparsa», riportate da Bruno Vespa nel suo ultimo libro “Perché l’Italia amò Mussolini”.
Maria Gabriella di Savoia.
«Senza neppure la giustificazione della “novità” o dello scoop come si suol dire, essendo stato già pubblicato il diario di Claretta Petacci nel 2010», prosegue la lettera, «vengono di nuovo riportate in tutti toni più biechi e volgari le confidenze che il duce avrebbe fatto all’amante descrivendole in modo colorito, per non dire sconcio, le avance che gli avrebbe fatto nostra madre a Castelporziano». Tutta spazzatura abbondantemente smentita dagli storici, dalle testimonianze e dai fatti.
Bruno Vespa.
«Proprio di recente in un’intervista di Paolo Mieli allo storico Francesco Perfetti è stato sottolineato come sia del tutto inverosimile l’ipotesi di una love-story tra nostra madre e Mussolini, considerando la copiosa documentazione che esiste anche presso archivi stranieri, come quello del Foreign Office di Londra, riguardo all’impegno antifascista di mammà. Ma, al di là della “disattenzione”, insita in questo reiterare la vecchia, volgare calunnia, che l’allora Principessa di Piemonte abbia ceduto in modo addirittura scomposto al fascino maschio del dittatore ne va sottolineata la gravità dal punto di vista della tutela delle donne. A pensarci bene che cosa fa un uomo prepotente quando si sente sfidato, messo in discussione nella sua autorità? Ne infanga l’immagine, fa risalire l’ostilità della donna al fatto che lui la abbia respinta, a una sorta di isteria di origine sessuale, nel più orrendo e reiterato cliché maschilista. Per Mussolini descrivere nostra madre come perdutamente attratta da lui significava sminuirne l’autorevolezza, minarla nella dignità, colpirla col pettegolezzo, con la discriminazione».
Maria Gabriella Carnieri Moscatelli.
«Per colpire una donna e sminuirla il primo strumento è quello ledere la sua immagine», commenta in un articolo scritto per Famiglia Cristiana la presidentessa di Telefono Rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli (qui il testo completo). «La cultura maschilista è così subdola da farlo sottolineando i punti deboli di ognuna. Il caso specifico di cui si parla nelle lettera delle Principesse di Savoia è l’ennesimo esempio di quanto sia una pratica comune calpestare la memoria di una donna. È triste, a vent’anni dalle sua morte ,colpire una donna che non può difendersi».
Il testo integrale della lettera delle figlie di Maria José è su Famiglia Cristiana n.8 in edicola da oggi.