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venerdì 13 settembre 2024
 
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“Bocciata” la Regione Lombardia: legge anti-moschee incostituzionale

26/02/2016  La legge sui luoghi di culto della Giunta lombarda non rispetta la Costituzione: questa la sentenza della Consulta. Lo si sapeva già: l’Ufficio legislativo regionale aveva già avvisato del rischio, ma la maggioranza guidata da Maroni l’aveva emanata lo stesso. E ora il Governatore annuncia che ne rifarà un’altra. «La Lombardia non ha bisogno di provvedimenti islamofobi», commenta Milena Santerini, presidente dell’Alleanza parlamentare contro l’odio e il razzismo del Consiglio d’Europa.

La legge sui luoghi di culto della Regione Lombardia non rispetta la Costituzione. Lo ha detto la Corte Costituzionale il 24 febbraio scorso, accogliendo il ricorso del Governo contro le disposizioni introdotte un anno fa dal Consiglio regionale lombardo, a maggioranza di centrodestra.

All’epoca, costituzionalisti ed esponenti di tutte le comunità religiose milanesi si erano uniti nel chiederne la sospensione. In campo cattolico, le voci contrarie della Casa della carità di don Virginio Colmegna e dalla Comunità di Sant’Egidio si erano unite alle forti perplessità espresse dalla Diocesi; il vicario episcopale Monsignor Luca Bressan aveva chiesto di «giungere alla costruzione di questi strumenti legislativi in modo meno frammentario e precipitoso per non produrre effetti che vadano al di là delle intenzioni di chi li propone». In base ai “Principi per la pianificazione delle attrezzature per i servizi religiosi”, come recita il titolo della legge, non risultano conformi anche molte parrocchie e oratori cattolici.


Paolo Branca, islamista dell'Università Cattolica di Milano. In copertina: in Lombardia, come in altre regioni italiane, talvolta i musulmani si trovano a pregare per strada, in assenza dei luoghi di culto.
Paolo Branca, islamista dell'Università Cattolica di Milano. In copertina: in Lombardia, come in altre regioni italiane, talvolta i musulmani si trovano a pregare per strada, in assenza dei luoghi di culto.

Tuttavia, l’obiettivo di questo testo manifesto era un altro. Non a caso nel dibattito politico è stato ribattezzato come “legge anti-moschee”, ovvero la risposta della Giunta Maroni all’avvicinarsi della prospettiva di una moschea a Milano dopo che il Comune ambrosiano aveva assegnato due aree per la costruzione di luoghi di culto ad associazioni islamiche e una agli evangelici. Costi a carico degli assegnatari, che per concorrere al bando dovevano essere iscritti all’Albo delle Religioni.

Con l’iniziativa del Comune, sembrava che finalmente i 100 mila musulmani milanesi potessero avere un luogo dove pregare, un’istanza sostenuta anche dalla Diocesi ormai da diversi anni. Se a Roma la Grande Moschea è sorta negli anni Ottanta, l’unica vicina a Milano è quella nella cittadina di Segrate, nata come cappella del cimitero islamico.

Non è un problema solo milanese: di scantinati in cui si prega è disseminata l’Italia,
tanto che il Viminale contava pochi anni fa oltre 700 centri culturali adibiti a moschea o a sala di preghiera, mentre oggi la stima è tra 800 e 1.000 luoghi di culto, qualcuno più strutturato, la maggior parte nascosta in capannoni, cantine, garage, magazzini.

Le norme introdotte dal Comune da un lato introducono maggiori controlli e trasparenza (per esempio i sermoni in italiano), dall’altro riconoscono ai musulmani milanesi il diritto a professare il luogo di culto in modo dignitoso. Evidentemente la Giunta Maroni preferisce invece gli scantinati, o le code del venerdì all’ingresso delle sale di preghiere con lunghe file d’attesa e fedeli islamici costretti a pregare sul marciapiede. Risolvere un problema che in passato ha causato anche tensioni nei quartieri? Assolutamente no, meglio cavalcare le proteste.

La legge incostituzionale nasce da qui. Quando il Comune, dopo rinvii e polemiche, ha assegnato le aree, la Regione ha risposto con un insieme di cavilli e norme urbanistiche particolarmente restrittive per la costruzione di nuovi luoghi di culto. «Una legge da repubblica delle banane. Fare una legge per bloccare chi non ci sta simpatico equivale a legittimare un’ingiustizia», ha detto Paolo Branca, islamista dell’Università Cattolica e responsabile della Diocesi ambrosiana per il dialogo interreligioso.

Roberto Maroni, governatore della Lombardia.
Roberto Maroni, governatore della Lombardia.

A marzo 2015 il Governo ha impugnato la legge lombarda. Le motivazioni dell’incostituzionalità stabilita il 24 febbraio saranno diffuse nei prossimi giorni, ma subito Roberto Maroni ha twittato: «La Consulta ha bocciato la nostra legge che regolamentava la costruzione di nuove moschee. La sinistra esulta: Allah Akbar». Gli ha risposto il neopresidente della Corte Paolo Grossi: «La nostra preoccupazione è essere custode dei diritti fondamentali: il nucleo essenziale della sentenza poggia sull'evitare discriminazioni, come è sembrato alla Corte che ci fossero nella legge».

La deputata Milena Santerini, presidente dell’Alleanza parlamentare contro l’odio e il razzismo del Consiglio d’Europa, commenta: «I limiti imposti alla realizzazione delle nuove moschee sono palesemente ideologici e dettati da una “politica della paura” che viene usata contro i cittadini. La Lombardia non ha bisogno di provvedimenti islamofobi, ma di politiche intelligenti per favorire la convivenza nel pluralismo sociale».

In realtà, la decisione della Corte rappresenta una sconfitta annunciata (e in qualche modo cercata) per il presidente lombardo. La necessità di un “trofeo da esporre” lo aveva portato a ignorare i moniti dello stesso Ufficio legislativo regionale, che aveva parlato di «evidenti profili di criticità sotto il profilo della possibile violazione dei principi costituzionali dei diritti inviolabili della persona e del diritto di uguaglianza».

Subito dopo nuovi commenti contro giudici costituzionali e musulmani da parte di Matteo Salvini («È una Consulta islamica, non italiana, complice dell’immigrazione clandestina»), Maroni ha annunciato una nuova versione della legge.

Intanto il Comune ha fatto sapere che proseguirà con le assegnazioni delle aree, lasciando intendere che potrebbero esserci cambiamenti anche nella classifica finale. In ogni caso, nonostante la bocciatura della legge regionale, l’iter per la moschea a Milano non è detto che sia in dirittura d’arrivo: a breve sono attese le decisioni del Tar (10 marzo) e del Consiglio di Stato (ad aprile) per il ricorso di un’associazione di bengalesi, che contesta la propria estromissione dalla graduatoria per un precedente contenzioso con il Comune. 

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