«Giovane luce e splendida speranza» è il primo verso dell’inno composto da monsignor Marco Frisina per il rito della beatificazione di Carlo Acutis. E prosegue: «Dono di grazia che rischiara il mondo, nel tuo sorriso ci dischiudi il Cielo e ci riveli la sua gioia». Parole che rimandano alla parabola esistenziale del quindicenne milanese morto il 12 ottobre 2006, all’onore degli altari come beato da sabato 10 ottobre. «Per i santi sono importanti gli Inni: ci danno una chiave di lettura della loro vita. La musica, che suscita sentimenti ed emozioni, può aiutare a sintetizzare come un’icona i grandi temi e i momenti principali della loro esistenza. Così i santi diventano nostri amici, compagni di cammino. Perché quando si fa propria una melodia, un testo, un tema dei santi, la musica riesce a rendere contemporaneo il sentimento che ha animato quel santo, rendendolo vicino a noi», spiega il sacerdote 66enne, che oltre a essere musicista, compositore, biblista, consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova evangelizzazione e rettore della Basilica di Santa Cecilia in Trastevere, dirige il Coro della diocesi di Roma, che ha fondato nel 1984.
L’Inno su Carlo Acutis «mi è stato chiesto prima dell’estate. Di un ragazzo come lui mi ha colpito la purezza con cui riesce ad arrivare alla santità un po’ come Domenico Savio. La santità è la volontà di Dio che si compie in una creatura. E il Signore fa cose sorprendenti anche nei giovanissimi, può prendere un bambino o un peccatore e farlo diventare santo. La risposta di chi viene chiamato è importante, ma è sempre preceduta dalla gratuità della chiamata di Dio. Dobbiamo imparare a lasciarci sorprendere dal Signore», confida monsignor Frisina, che per scrivere il pezzo ha letto la biografia e i testi del giovane «per trarre lo spunto e delinearne la personalità nel canto per la celebrazione; nel ritornello c’è sempre la connotazione della Trinità». Così nell’Inno su Carlo: «Gloria a te Dio dell’amore per i doni della tua salvezza, nei beati tu riveli al mondo lo splendore della carità».
Monsignor Frisina ha scritto molti Inni e diversi oratori sui santi: «Di san Francesco d’Assisi ho musicato le preghiere e ho scritto un oratorio sulle stimmate. È il più “cantabile” dei santi: il giullare di Dio si presta per la sua vita vissuta come un cantico di amore, di gioia». Il compositore ricorda anche i brani su san Giovanni Paolo II, «che ho conosciuto fin da seminarista e con cui successivamente ho lavorato. In lui ho rivisto come la grazia di Dio mi è passata accanto, forte anche nella quotidianità». Ancora, santa Teresa di Calcutta: «Le missionarie della carità da lei fondate mi hanno chiesto di musicare le sue preghiere e l’inno per la beatificazione». E monsignor Frisina ha firmato anche l’Inno che verrà cantato durante la prossima beatificazione dei martiri cistercensi di Casamari, mentre sta scrivendo quello su san Matteo, commissionato dall’arcidiocesi di Salerno-Campagna-Acerno di cui l’evangelista e apostolo è patrono. Inoltre ha messo in musica testi di san Giovanni della Croce, santa Caterina da Siena, san Filippo Neri: «I testi dei santi sono una delle ricchezze più belle della Chiesa, le loro preghiere una sintesi teologica unica», sottolinea.
«Per parlare ai giovani dei santi, la musica è il canale privilegiato – conclude –. Li aiuta a far gustare nella verità la loro storia, che è più appassionante di un film. Bisognerebbe solo sapergliela raccontare. Perché il santo è uno di loro, si avvicina alla loro quotidianità». Riflessioni che fanno pensare ai beati Pier Giorgio Frassati e Chiara Luce Badano, ad esempio, ma anche a testimoni della fede come Christian Cappelluti, cantante e compositore scomparso a soli 23 anni il 9 agosto del ’98. La sua amica Marta ha scritto che «il linguaggio musicale per Christian rappresentava un linguaggio di elezione, anche nella sua dimensione religiosa».