«Mamma, papà, ho
una cosa da dirvi:
ho scoperto di essere
gay». Michele
ha 19 anni, è appena tornato dal campeggio
con gli amici, la vacanza tanto
agognata dopo le fatiche della maturità.
E tra le cose importanti che racconta
di questa splendida avventura, arriva
la bomba.
«È una notizia davvero dura da digerire,
soprattutto se i figli sono molto
giovani, adolescenti o poco più», ammette
Elena.
Anche lei ha un figlio, Pietro,
che sette anni fa ha fatto outing,
raccontando la sua scoperta e mettendo
a dura prova tutta la famiglia.
Da allora la vita in casa non è più stata
la stessa: «Per cercare di capire, di
sostenere nostro figlio, per confermargli
il nostro amore e la nostra stima indi
Maria Teresa Antognazza
Scoprire che il proprio
figlio è omosessuale
è per i genitori l’inizio
di un percorso difficile,
ma anche un’occasione
di crescita e di apertura.
Ecco le storie di chi
ha saputo accettare
e valorizzare la diversità.
condizionata, insomma, per trovare
serenità e star bene insieme, ci siamo
dati molto da fare, sia noi genitori che
i fratelli di Pietro: abbiamo letto, cercato
risposte, ci siamo confrontati con
altri, abbiamo voluto entrare in sintonia
con un mondo che fino ad allora ci
era estraneo.
All’inizio, certo, abbiamo
provato dolore, avevamo persino paura
di una cosa che non conoscevamo, delle
reazioni della gente, di ciò che poteva
significare per il futuro di nostro figlio.
Ma è stato un cammino, anche noi
abbiamo dovuto fare outing, e alla fine
siamo arrivati a essere orgogliosi di lui.
Oggi andiamo a testa alta, e non abbiamo
nessuna vergogna di dire che Pietro
è gay; la nostra casa è sempre piena di
ragazzi e ragazze omosessuali, perché
sono gli amici di nostro figlio. Insomma,
siamo felici, per lui e con lui».
Certo, è una strada in salita, per i ragazzi
come per gli adulti di famiglia. L’esperienza
di Elena è quella di molti altri genitori
che si trovano a fare i conti con la
scoperta dei figli di essere omosessuali. «In
Italia la percentuale di omosessuali si aggira
sul 5-10 per cento; gli altri sono eterosessuali.
Ma sarebbe più giusto parlare di omo
ed etero affettività, perché non è solo una
questione di sessualità; è coinvolto tutto il
mondo degli affetti e dei sentimenti della
persona», spiega Fiorenzo Gimelli, presidente
dell’Associazione genitori di omosessuali,
Agedo.
«La cosa più importante
di fronte a questa rivelazione da parte di
un figlio o di una figlia è quello di accettarlo
e fargli sentire che l’affetto dei genitori
non viene meno».
Francesca, figlia unica di Fiorenzo e Roberta,
ha raccontato in famiglia la propria
omosessualità a 23 anni, al termine di un
cammino personale di scoperta e accettazione
del proprio orientamento sessuale:
«Quando ne ha parlato con noi – dice il
papà – l’abbiamo vista molto serena e questo
ci ha aiutato ad accettare la sua confidenza
senza problemi. Lei, poi, si è sentita
accolta da noi e questo le ha dato la forza
di raccontarlo anche agli altri parenti e agli
amici.
Poter parlare apertamente con chi
ci è più vicino e ci ama, spiegando chi siamo
veramente e come viviamo i nostri affetti
è una cosa fondamentale per vivere bene, con se stessi e con gli altri; e questo
vale per gli etero come per gli omossessuali.
Purtroppo, invece, solo il 20 per cento
dei ragazzi fa outing, “esce allo scoperto”;
il restante 80 per cento vive questa condizione
nascondendosi, costruendosi una
seconda vita. Da qui tanti problemi, come
il suicidio di quegli adolescenti che non riescono
ad accettarsi per quello che sono,
o temono di essere rifiutati da amici e familiari
».
«Tutto è molto più complicato se i figli
sono piccoli», spiega Elena, che all’interno
di Agedo si occupa dei progetti per le scuole.
«Oggi la scoperta della propria tendenza
omosessuale avviene sempre prima, anche
in seconda e terza media. Le angosce
dei genitori sono moltiplicate perché, oltre
ai normali problemi dell’adolescenza,
c’è la scoperta di essere “diversi” dagli altri,
di provare sentimenti non comuni, con
la paura di essere giudicati, non accettati
e di deludere i propri cari.
E spesso questa
rivelazione mette i ragazzini a rischio
di episodi di bullismo, che nella scuola so no molto frequenti. Così i genitori di preadolescenti
tendono a difendersi e cercano
di “proteggere” i figli minimizzando il
problema, rimandandolo, sperando che i
ragazzini si siano sbagliati o che non abbiano
capito bene i segnali della propria sfera
affettiva...».
Genitori che nascono due volte. La prima,
quando viene alla luce il figlio; la seconda,
quando lui o lei raccontano di essere
omosessuali. Per la famiglia di Fiorenzo,
per quella di Elena, ma anche per mamma
Tina e tanti altri, l’outing dei figli è stato come
schiudere un mondo: «Fino a quel momento
non avevamo particolari conoscenze
del mondo delle persone gay o lesbiche.
Poi però – racconta papà Fiorenzo – per capire nostra figlia ed esserle accanto in
modo consapevole, abbiamo iniziato a informarci
e a cercare di conoscere sempre
meglio questa realtà.
È stato decisivo per noi scoprire che
essere omosessuali non è una scelta o l’adesione
a un modello di vita; i nostri figli
hanno scoperto e accettato di essere fatti
così. Sono persone normali, con un orientamento
sessuale diverso dalla maggioranza,
e hanno tutto il diritto di vivere serenamente
i loro affetti e i loro sentimenti
nel modo che li fa stare bene. Per questo ci
battiamo, anche con lo strumento dell’associazione».
«È stato un trampolino di lancio verso
un’esperienza nuova e importante», dice
Tina, «prima di tutto come mamma. L’omosessualità
di mio figlio mi ha aiutato a
crescere e a migliorare il mio pensiero. Fabrizio
aveva 16 anni quando ha fatto outing
ed è stata una cosa molto dura per lui. Mi
si spezzava il cuore a vederlo soffrire perché
a scuola doveva andare a testa bassa,
subendo gli insulti dei compagni mentre
passava per i corridoi.
Cercavo di aiutarlo
a sentirsi più sicuro di sé, per potersi difendere,
e non potevo farlo io: troppa era l’ignoranza
e l’impreparazione in materia da
parte dei docenti della scuola. Averlo detto
alla mamma per lui fu l’inizio di un tempo
migliore, ma per me fu molto difficile.
Mi sorprendevo nel pormi domande nuove,
pensieri che tenevo dentro. La paura fu
la prima cosa da elaborare: in fondo non
sapevo niente del mondo omosessuale.
Gli faranno del male? Mi domandavo. Devo
proteggerlo, mi dicevo. Parlai con tanta
gente; trovavo pregiudizio e omofobia quasi
ovunque e così cercavo di saperne sempre
di più».
Il ruolo della famiglia è fondamentale:
per far star bene un figlio o una figlia che
si scoprono omosessuali occorrono alcuni
ingredienti fondamentali.
«L’ascolto, prima di tutto», dice Elena.
«Dobbiamo sempre dare la possibilità
ai nostri figli di parlare dei loro affetti,
dei primi innamoramenti e di ciò che li angoscia,
senza mai giudicarli; poi dobbiamo
far sentire loro che il nostro amore c’è
sempre, e che ci vanno bene così come sono,
etero o gay, non ha importanza.
Il terzo
passo è certamente la condivisione dei
loro sentimenti e modi di essere».
Un altro aspetto importante, per Elena,
è non avere paura della fisicità: «A 18, 19
anni i nostri figli hanno diritto a sperimentare
i primi amori, a trovare una persona
con cui scambiarsi baci e abbracci. E se sono
omosessuali, questo non ci deve fare
paura».
La fine del percorso verso un ritrovato
benessere in famiglia, per questa e per
molte mamme che si raccontano sulle pagine
di Agedo, o di Famiglie arcobaleno, è
“l’orgoglio”: «A questo punto ci viene voglia
di dirlo a tutti e di essere di aiuto e di
sostegno a tanti altri genitori che si trovano
alle prese con questa importantissima scoperta
per la vita dei loro ragazzi».
Torino, Milano, Lecce, Palermo: sono
tanti i padri e le madri che si ritrovano anche
settimanalmente per condividere il
loro percorso, affinché dal dolore e dalle
paure iniziali possano emergere sentimenti
nuovi di scoperta di un’altra faccia della
diversità che genera ricchezza e non separazione,
o tanto meno violenza.