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lunedì 17 marzo 2025
 
Malattia e resilienza
 

Céline Dion: «Se non potrò più camminare, striscerò ma non mi arrenderò mai»

13/06/2024  La cantante canadese è tornata a parlare della malattia rara e invalidante che l'ha colpita qualche anno fa, impedendole di salire sul palco. Che cos'è la sindrome della persona rigida e come si affronta

Quasi nessuno aveva mai sentino parlare della sindrome della persona rigida, malattia rara che colpisce nel mondo una persona su un milione, in due terzi dei casi donna, fino a quando la cantante Céline Dion non ha pubblicamente annunciato che le era stata diagnosticata dopo anni di sofferenza. La cantante canadese, 56 anni, da anni costretta a stare lontana dalle scene a causa di questa malattia gravemente invalidante, è tornata pochi giorni fa a parlare della sua sofferenza ma anche della grande voglia di riprendere a cantare in pubblico in un'intervista esclusiva a Nbc News. L’occasione è stata il lancio  di un documentario su di lei  che uscirà su Prime Video martedì 25 giugno. Quando ancora non aveva una diagnosi precisa per disturbi che si trascinavano da anni, in particolare spasmi muscolari così forti da averle in un un’occasione, causato al rottura delle costole, per alleviare i sintomi e poter così salire sul palco assumeva diazepan, comunemente conosciuto con il nome di l valium (che ha un effetto di rilassamento della muscolatura) in dosi sempre più massicce, fino ad arrivare al 90 mg al giorno, una posologia che rischiava di esserle letale,al punto da dover poi iniziare un percorso di disintossicazione. «È come se qualcuno ti stesse strangolando, come se qualcuno ti stesse spingendo la laringe. Ma può anche verificarsi nella zona addominale, nella colonna vertebrale, nelle costole, nelle mani. Se punto i piedi rimangono bloccati. Se cucino, e io amo cucinare, le mie dita e le mie mani si bloccano in quella posizione». Una condizione terribile per la quale non ci sono cure risolutive ma a cui Ceéine Dion non intende arrendersi. «Tornerò sul palco. Se non potrò più correre camminerò, se non potrò più camminare andrò a gattoni o striscerò. Ma non mi fermerò mai».

 

Che cos’è la sindrome della persona rigida

L'esordio avviene attorno ai 45 anni e i sintomi si sviluppano nel corso di mesi o degli anni. Colpisce principalmente il cervello e il midollo spinale, ma causa sintomi simili a quelli di alcuni disturbi dei nervi periferici.  La causa della sindrome della persona rigida è sconosciuta ma è spesso correlata ad altre patologie, si verifica spesso nei soggetti affetti da diabete di tipo 1, alcune malattie autoimmuni (come la tiroidite) o alcuni tipi di tumore tra cui tumore alla mammella (generalmente), ai polmoni, ai reni, alla tiroide, al colon e linfoma di Hodgkin.
Nei soggetti con sindrome della persona rigida, i muscoli del tronco e dell’addome si irrigidiscono e si ingrossano gradatamente. I muscoli delle braccia e delle gambe sono meno colpiti. Di solito, la sindrome della persona rigida progredisce, causando disabilità e rigidità in tutto il corpo. La causa della sindrome della persona rigida può essere una reazione autoimmune, quando il corpo produce anticorpi che attaccano i propri tessuti. Nella sindrome della persona rigida, questi anticorpi attaccano le cellule nervose del midollo spinale che controllano il movimento dei muscoli. A volte, la causa della sindrome della persona rigida è sconosciuta.
 

Come si cura

  

Il trattamento della sindrome della persona rigida mira ad alleviare i sintomi. Il sedativo diazepam può calmare notevolmente la rigidità muscolare. Se il diazepam è inefficace, si possono provare altri farmaci, come il baclofene (un miorilassante). Le immunoglobuline (una soluzione che contiene molti anticorpi diversi raccolti da un gruppo di donatori), somministrate in vena (per via endovenosa), possono aiutare ad alleviare i sintomi per un periodo massimo di un anno. I corticosteroidi possono essere utili ma, se somministrati per lungo tempo, danno molti effetti collaterali. Se l’immunoglobulina non è efficace, talvolta si tenta una terapia con rituximab (un farmaco che modifica l’attività del sistema immunitario) o con plasmaferesi, che comporta la filtrazione di sostanze tossiche (compresi gli anticorpi anomali) dal sangue
 

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