Carlo Azeglio Ciampi, che si è spento venerdì a 95 anni, ha saputo toccare le corde profonde del Paese nei momenti più drammatici, impersonando con familiarità e senso istituzionale il dolore di una Nazione: le sfide-ricatto delle bombe del '93; i solenni funerali di Stato per i caduti di Nassiriya, le esequie dei bambini della scuola terremotata di San Giuliano di Puglia. Non era raro vederlo accompagnare, dopo il rito funebre, fianco a fianco i familiari dei soldati morti nelle missioni militari all’estero come se fosse uno di famiglia. Nei momenti di disorientamento politico è stato anche il pacificatore, il pompiere che ha spento mille focolai di scontro troppo acceso, l'arbitro dei conflitti insanabili, il predicatore instancabile del dialogo e della concertazione, il saggio che indica i nodi da sciogliere e al tempo stesso istilla fiducia.
«L’essere chiamato a rappresentare l'Italia, a essere garante della sua Costituzione, l'ho vissuto non solo come un altissimo mandato, ma soprattutto come un dovere, una missione. Per questo ho voluto abitare, con mia moglie, sin dal primo giorno, nel Quirinale: da sette anni è la mia casa, la casa del presidente della Repubblica, la casa degli italiani», disse in occasione dell’ultimo discorso di fine anno del suo settennato.
L'invito a esporre la bandiera nelle case
Schivo, riservato, eletto al Colle in maniera bipartisan nel 1999, è davvero difficile, quando si pensa a lui, non ricordarlo impettito e con la mano sul cuore di fronte al tricolore. È stato il Presidente della Repubblica che più di ogni altro ha cercato di suscitare negli italiani un non retorico senso di appartenenza alla Nazione, un convinto recupero dell'idea di Patria. Nella memoria restano innumerevoli immagini di solenni omaggi alla bandiera italiana, riprese che lo immortalano mentre intona l'Inno di Mameli nelle province italiane o nelle visite ufficiali all'estero, filmati della sua emozione profonda mentre accarezza il tricolore avvolto attorno alle bare di militari caduti servendo il Paese. E memorie di fastosi ricevimenti al Quirinale per la Festa della Repubblica, messaggi commossi in occasione della festa del tricolore del 7 gennaio, sorrisi nelle piazze davanti allo sventolare degli stendardi verdi, bianchi e rossi . Dell'amore per la Nazione nel suo senso più nobile, dell'unità nazionale Ciampi è stato esegeta e custode durante il suo settennato e ancora oltre.
Una missione compiuta, con successo, proprio negli anni in cui la Lega Nord sparava a zero contro l'unità d'Italia.
«Il tricolore è il simbolo dell'unità nazionale», ha più volte chiamato gli italiani a sentire l'appartenenza ad una storia comune e a riconoscersi con convinzione nei simboli della Repubblica. «La bandiera tricolore va esposta nelle nostre case e tenuta con cura. È un simbolo vivo e attuale che dovrebbe essere donato dai sindaci che indossano la fascia tricolore alle coppie di sposi e a ogni nuovo cittadino italiano» ha più volte esaltato la sacralità della bandiera, spesso concludendo i suoi discorsi con un convinto «Viva il tricolore, viva la nostra bandiera, viva l'Italia». Patria è il termine che Ciampi da capo dello Stato ha riportato nel lessico politico italiano, percependo nel suo viaggiare fuori e dentro i confini nazionali un bisogno forte di unità, di comune sentire, di appartenenza. E sempre unendo con un filo rosso ideale Risorgimento, Resistenza, Costituzione della Repubblica.