Lampedusa, lunedì 8 luglio 2013. Papa Francesco una corona di fiori in mare, atto in ricordo dei tanti migranti morti tentando di arrivare in Italia. Questa e tutte le altre foto del servizio sono dell'agenzia Ansa.
Fu la notizia degli «immigrati morti in mare, su quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte» a spingerlo giù in Sicilia, esordio di un Pontificato che avrebbe stupito il mondo e parte della Chiesa. Una visita lampo, la sua. Jorge Mario Bergoglio atterrò a Lampedua alle 9,15 di lunedì 8 luglio 2013. Nessun tappeto rosso, niente cerimonia in pompa magna né politici. Ad attendere papa Francesco nella sua prima visita ufficiale solamente l'allora sindaco dell'Isola, Giuseppina Nicolini, e l'arcivescovo di Agrigento, monsignor Francesco Montenegro, destinato in seguito a esser nominato cardinale (febbraio 2015). In auto, il Pontefice ha poi raggiunto Cala Pisana, dove si è imbarcato: al largo ha lanciato in acqua una corona di fiori, in ricordo di quanti hanno perso la vita in mare.
Ritornato a terra, Bergoglio incontrò una cinquantina di immigrati, provenienti dai diversi Paesi nordafricani, di religioni diverse. Tra loro, anche musulmani. Alle 10 il Papa celebrò Messa. «Chi è il responsabile di questo sangue?», s'interrogò Bergoglio, pronunciando parole di struggente attualità: «Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: "Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?". Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!».
In quel discorso, in quei gesti prese corpo l'idea di Chiesa che Jorge Mario Bergoglio aveva delineato il 9 marzo, intervenendo nelle congregazioni generali che precedettero il Conclave. Di fronte ai suoi colleghi cardinali, l'allora arcivescovo di Buenos Aires definì la «mondanità spirituale» «il male peggiore della Chiesa». La Chiesa, dal canto suo, disse Bergoglio, è chiamata invece ad «uscire da se stessa per evangelizzare le periferie non solo geografiche ma esistenziali». Lampedusa, dunque. E poi anche Tirana (Albania, settembre 2014), Bangui (Repubblica Centrafricana, novembre 2015), Ciudad Juárez (al confine tra Messico e Usa, febbraio 2016), Lesbo (Grecia, aprile 2016): realtà secondarie e marginali, secondo il pensiero dominante, perciò trascurate dai cosiddetti "grandi" della terra, che Francesco ha riportato sotto i riflettori del mondo, come è avvenuto ad esempio proprio nella capitale del Centrafrica, dove il vescovo di Roma ha aperto – fatto senza precedenti – la prima Porta Santa dell'ultimo Giubileo.
In occasione del quinto anniversaruio della visita di papa Francesco a Lampedusa, venerdì 6 luglio, alle 11, papa Francesco celebra una Messa per i migranti, all’altare della Cattedra, nella Basilica di San Pietro, un momento di preghiera per i defunti, per i sopravvissuti e per coloro che li assistono, ha riferito il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Greg Burke. È prevista la presenza di circa 200 persone, fra i quali rifugiati e persone che se ne prendono cura.