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martedì 12 novembre 2024
 
 

Commercio armi, l'Onu detta regole

03/07/2012  Entro il 27 luglio si spera di arrivare a un Trattato che disciplini questo business da 60 miliardi di dollari che alimenta guerre, violenza, corruzione, uccidendo una persona al minuto

Il negoziato è entrato nel vivo. Martedì 3 luglio, nel quartier generale delle Nazioni Unite, a New York, è cominciato il round finale per il Trattato sul commercio internazionale delle armi. Esistono infatti norme universali  che regolano ogni comparto del commercio, da quello dei cereali alla rubinetteria, ma nessuno mai aveva pensato di intervenire su un aspetto così delicato e vitale.


Il commercio delle armi vale più di 60 miliardi di dollari e alimenta conflitti, violenza, corruzione. A causa di ferite da arma da fuoco muore in media una persona al minuto, mentre sono migliaia i mutilati e i feriti ogni giorno. «In Siria e nella regione dei Grandi Laghi in Africa, il mondo assiste ancora una volta al terribile costo umano di un commercio delle armi irresponsabile e non trasparente. Perché milioni di persone devono ancora essere uccise prima che i leader mondiali si sveglino e prendano decisioni per mettere davvero sotto controllo gli scambi internazionali di armi?», afferma Brian Wood di Amnesty International.

La Coalizione per il Controllo delle Armi - di cui fanno parte Amnesty International, Oxfam e altre organizzazioni di oltre 125 Paesi - ha manifestato lunedì 2 luglio a New York e avverte: un fallimento del Trattato sulle armi non possiamo proprio permettercelo. «Abbiamo la storica opportunità di rendere il mondo un luogo più sicuro; questo Trattato può essere lo strumento per porre limiti a un commercio del tutto fuori controllo», dice Anna Macdonald di Oxfam. «Dal Congo alla Libia, dalla Siria al Mali, si assiste a un’infinita teoria di violenza e distruzione. Nelle prossime settimane i negoziatori alle Nazioni Unite possono cambiare il mondo o decidere un altro fallimento».


Attualmente non esistono trattati vincolanti a livello globale che regolino il commercio di armi convenzionali, mentre vuoti e lacune permangono nelle legislazioni nazionali e regionali. Per essere efficace, il Trattato sul commercio delle armi deve richiedere ai Governi di regolamentare in modo severo la vendita e il trasferimento di tutte le armi, munizioni e delle attrezzature utilizzate per operazioni militari e sicurezza interna: dai veicoli corazzati ai missili, dai velivoli alle piccole armi, dalle granate alle munizioni. Ai Governi deve essere richiesto di valutare con molta attenzione il rischio prima di autorizzare un trasferimento internazionale di armi o una transazione. Dovrebbero inoltre rendere pubbliche tutte le autorizzazioni e i trasferimenti.

Amnesty International sottolinea come i “Sei Grandi” fornitori di armi – Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Stati Uniti – abbiano come clienti i Governi repressivi in tutto il mondo, nonostante il rischio che le armi siano usate per commettere gravi violazioni dei diritti umani. Gli Stati Uniti, per esempio, hanno fornito armi a Egitto e Bahrein. La maggior parte dei Governi vuole un Trattato forte entro il 27 luglio, ma alcuni Stati hanno provato a indebolire le regole. Stati Uniti, Cina, Siria ed Egitto si sono detti contrari a regolare anche il commercio delle munizioni; la Cina vuole escludere dal trattato le piccole armi e i “regali”, mentre diversi governi del Medio Oriente sono contrari ai criteri adottati dal Trattato in tema di diritti umani.

 
 
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