Toccherà a Mario Draghi, l’ex governatore della Banca Centrale Europea dare all’Italia quel "governo di alto profilo" evocato da Sergio Mattarella dopo aver preso atto del fallimento della politica. Dovrà prendere per mano il Paese e portarlo fuori dalla pandemia, oltre a ricostruirlo dalle macerie economiche gestendo le enormi risorse del Recovery Fund messe a disposizione da Bruxelles. Una missione che perseguirà, c’è da scommetterlo “whatever it takes”, qualunque cosa accada, come disse all’indomani della grande crisi scoppiata con i mutui subprime nel lontano 2008, le cui conseguenze stiano pagando ancora oggi.

Qualcuno ha paragonato il ruolo di Draghi a quello di Mario Monti, chiamato in tutta fretta a frenare la tempesta finanziaria che si era scatenata sul nostro Paese nel 2011, incaricato da Napolitano con il sigillo di senatore a vita. In realtà le differenze sono notevoli perché diversi sono i contesti storici. Se allora bisognava assolutamente mettere i conti in ordine sottoponendo a tassazione gli italiani (il governo Monti lo fece con le imposte sulla casa e riducendo i benefici del  sistema pensionistico), in questo caso il premier incaricato è chiamato a gestire un’imponente messe di risorse economiche. Un compito certo meno impopolare ma estremamente difficile e complesso, con immense ripercussioni sociali. La prima è la scadenza di marzo, con la fine del congelamento dei licenziamenti.

Sullo sfondo resta l’amarezza di una classe politica incapace di dimostrare la sua maturità e responsabilità. A Mattarella non è rimasto altro che prenderne atto e sostituirlo con una sorta di vaccino istituzionale, pescando nella grande riserva dei “civil servants” (quasi tutti provenienti dai ranghi economico-finanziari legati alla Banca d’Itaia) cui appartengono i Ciampi, i Dini, i Monti, i Cottarelli. Insomma, per trovare un "costruttore", come aveva detto nel discorso di fine anno, il capo dello Stato ha dovuto guardare fuori dalla politica e sacrificare Giuseppe Conte, rimasto invischiato nella trappola di Matteo Renzi. A questo punto tornano in gioco anche i partiti del Centrodestra, che da sempre hanno invocato a gran voce il nome di Draghi per un governo istituzionale (o di larghe intese, come lo chiama Berlusconi) per rientrare nella maggioranza e accantonare un esecutivo Pd-Cinque Stelle, i grandi perdenti di questa fase politica.