C’è l’impiegato di banca e la commessa con il contratto in scadenza, l’educatrice di asilo nido e la cassiera precaria, l’esperto di marketing pubblicitario e il top manager, l’infermiere e lo studente universitario, l’operaio e il disoccupato. Molti hanno provato l’adrenalina stando dall’altra parte della barricata, come giocatori, altri il tavolo verde lo hanno visto solo in qualche film o su Internet. Tutti hanno in comune il desiderio di cambiare vita, girare il mondo e, soprattutto, guadagnare tanto.
Nell’Italia della crisi che non sa come inventarsi il futuro c’è chi sfida la sorte giocando – la raccolta totale dei giochi, dati Agicos, è passata dai 35,2 miliardi di euro del 2006 ai 61,4 del 2010 – e chi al tavolo verde vuole sedersi non per vincere ma per strappare un (lauto) stipendio.
Come? Frequentando la scuola di croupier. In Italia esiste dal 1991 ma è
negli ultimi anni che le iscrizioni al corso di formazione, che dura
6-8 settimane e dà diritto a un patentino riconosciuto a livello
internazionale, hanno conosciuto un vero e proprio boom.
«Quest’anno abbiamo quasi duemila iscritti», spiega Stefano Melani,
general manager del Centro formazione croupier che ha quattro sedi,
Milano, Roma, Abano Terme e Torino e sforna circa 1.500 croupier
all’anno. «Molti», aggiunge, «si presentano da noi perché con una laurea
ed un master non arrivano a guadagnare 500 euro al mese, altri perché
vogliono cambiare lavoro ed evadere dalla routine quotidiana
dell’ufficio».
I numeri parlano chiaro. «Dal 2008 ad oggi c’è stato un aumento di
iscrizioni del 70-80 per cento», afferma Melani, «ovviamente
selezioniamo solo le persone che hanno le caratteristiche giuste per
fare questo lavoro. Quando finiscono però trovano subito un posto.
Abbiamo un tasso di occupazione del 100 per cento».
Molti vanno all’estero, dove l’apertura dei casinò è liberalizzata e la
professione è riconosciuta a livello legislativo (in Italia, invece, il
croupier è un dipendente comunale); altri si imbarcano sulle navi da
crociera, «dove», spiega, «c’è molta richiesta. In questo caso, oltre a
vitto e alloggio, si prende un fisso di 1.200 euro al mese più le mance
che possono arrivare anche a 1.500 euro a settimana». Negli altri paesi,
lo stipendio medio di un croupier va dai 3 ai 4 mila euro al mese,
mance escluse, che spesso superano lo stipendio.
In Italia, dove i casinò sono municipalizzati, gli arbitri del tavolo da
gioco, 3.500 in tutto, grazie a vecchi contratti solo di stipendio
guadagnano tra i 15 e i 18 mila euro mensili. Cifre da capogiro che in
questi tempi difficili fanno ancora più gola per chi un lavoro non ce
l’ha o si trascina nelle spire di un precariato infinito.
«Nel nostro Paese i casinò sono solo quattro e abbastanza “blindati”, si lavora molto di più con i tornei di poker, che oggi va molto di moda», afferma Melani, «poi ci sono le case di produzione che girano programmi di poker televisivo e il settore delle fiere e degli eventi: sempre più spesso ci richiedono un croupier a scopo dimostrativo». L’età media degli aspiranti dealer va dai 18 ai 35 anni, ma la maggior parte ne hanno dai 20 ai 30. Il corso completo costa 1.500 euro, quello per diventare mazziere al poker Texas Hold’em 600. Le lezioni durano dalle 4 alle 6 ore al giorno, sono in italiano e in inglese e ci si specializza prevalentemente sui giochi americani come roulette, black jack, i due tipi di poker texano, il poker caraibico. «Vengono illustrati aspetti relativi alla conduzione del gioco e anche aspetti pratici legati alla professione», spiega Melani, «oltre alla terminologia tecnica in varie lingue».
E se il croupier da sempre è un mestiere tipicamente maschile, adesso a
cimentarsi ci sono moltissime donne. «Negli ultimi due anni le allieve
sono aumentate del 35 per cento», spiega Melani, «sono sempre più
richieste perché ingentiliscono il tavolo. Alcune addirittura vengono
“prenotate” prima di finire il corso. L’obiettivo di molti casinò
all'estero è di avere il 50 per cento di croupier donna».
Solo vantaggi, quindi? Non proprio. Officiare il rito del gioco
richiede, oltre alla fedina penale pulita, molta pazienza, attitudine al
lavoro manuale, capacità di gestire le situazioni difficili, ottime
doti di concentrazione e logica, dimestichezza con la matematica e la
conoscenza delle lingue straniere. «Nel complesso, è un lavoro faticoso e
stressante a livello psicologico», spiega Melani, «spesso bisogna stare
in piedi per otto ore, si lavora essenzialmente di notte e si è sempre
in giro per il mondo».
Gaia ha 32 anni, una laurea in Comunicazione con il massimo dei voti e da otto anni lavora in un’agenzia di pubblicità. Prima di Natale finirà il corso per diventare “dealer”, mazziere, ai tornei di poker. Si viene pagati a gettone con la ritenuta d’acconto. Una serata può fruttare anche 130 euro. «Il casinò non mi interessa», precisa subito, «né lasciare il mio lavoro, almeno per ora. Voglio aprirmi una strada alternativa, tutto qua. Mi sono iscritta alla scuola per passione perché la figura della donna croupier mi intriga tantissimo, la trovo abbastanza elegante e perché il gioco, dalle carte ai videogiochi, è una mia grande passione sin da quando ero adolescente».
Chi pensa che la scuola sia una passeggiata è costretto a ricredersi. «Niente affatto», spiega, «le lezioni sono abbastanza faticose perché ti accorgi che ogni passaggio che da giocatore consideri quasi scontato e naturale, facendo il croupier ti rendi conto invece che richiede una tecnica molto precisa».
A differenza di lei, molti suoi colleghi di corso sono disoccupati: «Tentano questa carriera per guadagnare di più», dice, «per questo c’è una grande varietà di persone che si iscrivono: dal ragazzo di 18 anni allo studente dell’Accademia di Brera al manager affermato che non ha problemi di soldi ma decide ugualmente di mollare tutto perché cerca nuovi stimoli e un’occupazione meno abitudinaria e più avventurosa».
Sfondare, assicura, non è sempre facile: «In questo mestiere c’è quasi una selezione naturale, solo sul lungo periodo si vede chi veramente ha la passione e la fibra per farlo e chi no».
Sul poker online, da poco liberalizzato tra grosse polemiche perché, di fatto, legalizza il gioco d’azzardo l’aspirante croupier ha le idee chiare: «È stata una mossa sbagliata, giocare su Internet è un po' squallido, quasi una malattia. Molti non riescono a controllarsi e non hanno nessuna percezione di quello che fanno».
Giampiero ha 28 anni, un diploma tecnico e un corso di specializzazione nel settore petrolifero. Da cinque anni lavora per l’Eni come supervisore degli impianti all’estero della compagnia. Ha un contratto a tempo indeterminato, guadagna molto bene ma ha deciso che il futuro della sua vita sarà tra fiches, roulette e carte da gioco. «Ho chiesto sei mesi di aspettativa dal lavoro per frequentare il corso», spiega, «poi mi licenzierò definitivamente. Il fattore economico non c’entra nulla con questa scelta, nel mio vecchio mestiere non avevo relazioni sociali e non entravo in contatto con le persone. Fare il croupier, invece, ti permette di creare dei rapporti interpersonali. È qualcosa che mi gratifica molto».
A spingerlo su questa nuova strada è stata dunque la passione e il desiderio di voltare pagina. «Ho visto che prima di essere ammessi a frequentare la scuola c’è una selezione molto rigorosa e ti viene spiegato subito a quali sacrifici vai incontro», afferma, «e poi non dimentichiamo che anche in questo mestiere c’è da fare la gavetta: ci sono tre livelli di croupier, io partirò da quello base e poi si vedrà. Speriamo bene».
Sulla motivazione che spinge molti giovani a diventare dealer Giampiero dice: «Lo fanno per scappare all’estero e lasciare l’Italia. Io da questo Paese sono andato via già cinque anni fa per l’Eni, adesso ho la possibilità di farlo di nuovo ma facendo finalmente un lavoro che mi piace».