«Una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna». A dirlo, in una nota, è la Presidenza della Conferenza episcopale italiana, riunitasi il 26 aprile: «In questi mesi sono affiorati diversi dubbi sul testo del ddl Zan in materia di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, condivisi da persone di diversi orizzonti politici e culturali. È necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative».
La Cei ribadisce di essere impegnata «a raggiungere ogni persona, in qualunque situazione esistenziale si trovi, in particolare chi sperimenta l’emarginazione culturale e sociale» e «il pensiero va in particolare ai nostri fratelli e sorelle, alle nostre figlie e ai nostri figli, che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze». La Presidenza della Cei, quindi, riafferma «serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna» e riconosce «anche di doverci lasciar guidare ancora dalla Sacra Scrittura, dalle Scienze umane e dalla vita concreta di ogni persona per discernere sempre meglio la volontà di Dio. Auspichiamo quindi che si possa sviluppare nelle sedi proprie un dialogo aperto e non pregiudiziale – conclude la Cei – in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale».
A sostegno della nota della Cei sono intervenute, con una nota, circa 70 associazioni no profit del mondo cattolico: «Condividiamo e sosteniamo il giudizio dei vescovi che vorrebbe imporre per legge la opzione antropologica gender. La vera domanda che dovrebbe seriamente interrogare i player politici – proseguono le associazioni – è perché la Conferenza episcopale italiana sia stata costretta a intervenire di nuovo sull’argomento, dopo il chiarissimo comunicato che già aveva diramato sulla questione il 10 giugno 2020». D’altra parte, osservano, «ci sembra molto grave che i gruppi parlamentari che hanno licenziato lo scorso novembre 2020 il testo alla Camera non abbiano minimamente voluto ascoltare o almeno considerare quel giudizio. Infatti, quel testo, ora al Senato, ancora disconosce, per usare le parole che ora i vescovi sono costretti a ripetere, ‘la realtà della differenza tra uomo e donna’. Ora, il Senato è pertanto chiamato a un radicale cambio di passo – concludono le associazioni – e deve innanzitutto abbandonare ogni velleità etica di imporre modelli culturali al Paese con la forza del potere legislativo».
Sul prossimo numero di Famiglia Cristiana, in edicola da giovedì 6 maggio, un ampio approfondimento sul Ddl Zan con giuristi e vari esponenti del mondo cattolico.